Nel nostro Paese lassicurazione
della responsabilità civile degli autoveicoli è
obbligatoria dal 1969, ed il suo costo pertanto grava
su ciascuno di noi al pari di un vero e proprio
tributo, dovuto verso la collettività per garantire
la pacifica circolazione dei veicoli e quindi le
comunicazioni ed i trasporti. Chi acquista
unautomobile spesso investe un capitale
consistente, o si accolla mutui onerosi, e ponendola
sulla strada la espone al rischio di poter essere
seriamente danneggiata, se non distrutta, senza che
in alcun modo egli possa fare nulla per evitarlo;
cosa ancor più grave, il responsabile di tale
danneggiamento potrebbe essere assolutamente
impossidente ed insolvibile, per cui il suddetto
incolpevole proprietario si vedrebbe irreparabilmente
privato del frutto del cospicuo investimento
effettuato.
Lassicurazione obbligatoria è il
rimedio avverso tale rischio, ed il relativo onere,
molto spesso corrisposto "a vuoto", cioè
senza che lassicurato abbia provocato danni ed
abbia pertanto avuto un ritorno effettivo in termini
di garanzia, copre non solo il costo della diretta
responsabilità di ciascun automobilista, ma anche la
quota, che su tale automobilista ricade, di una sorta
di "responsabilità collettiva", derivante
dalla necessità, per la collettività stessa, di
salvaguardare non solo la libera circolazione dei
veicoli ma, a monte di essa, la stessa produzione e
vendita di questi. Certamente lacquisto di una
autovettura costosa sarebbe fortemente condizionato,
se non fosse coperto, attraverso la obbligatorietà
dellassicurazione, il rischio del suo
danneggiamento o della sua perdita a causa di persona
insolvibile.
Questa condizione ibrida, a metà tra il
contratto di diritto privato ed il tributo, che ha
pertanto assunto il contratto di assicurazione per la
responsabilità civile obbligatoria, ha
necessariamente comportato una rigida
regolamentazione dello stesso, ed in particolare
delle sue tariffe, determinate legislativamente a
seguito di verifiche ed accertamenti in linea di
principio rigorosi (art.14 L.990/69); si riteneva
giusto, infatti, che il premio di assicurazione,
proprio per la sua natura di carattere pubblicistico,
dovesse essere autoritativamente determinato con
provvedimento del Governo nellinteresse dei
cittadini. Una tale situazione non poteva, però,
mantenersi immutata nel tempo, in quanto veniva via
via mutando lo scenario internazionale, il mercato
interno e, conseguenza di entrambi i mutamenti, la
normativa applicabile; si è pervenuti, pertanto, ad
un sistema di liberalizzazione delle tariffe, che
nelle aspettative avrebbe dovuto stimolare la
concorrenza, migliorando il servizio e facendo
ridurre i costi per il cittadino.
Così, invece, non è stato; o, meglio,
così non è stato in Italia. La liberalizzazione,
infatti, in altri Paesi ha portato gli effetti
auspicati, mentre invece in Italia le tariffe per
lassicurazione della responsabilità civile
autoveicoli sono cresciute allinverosimile.
(Fonte:AUTORITA
GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO- Indagine
conoscitiva 17/04/2003)
Come si può agevolmente desumere dalla
tabella sopra riportata, infatti, nellambito
temporale 1994-2001 i premi in Italia sono cresciuti
dell84,4%, a fronte di un incremento dei costi
dei sinistri, nel medesimo periodo, pari al 68,1%;
emerge un divario pari quasi ad un 20% assolutamente
ingiustificato, tanto più se si rapportano i
suddetti dati a quelli riscontrati negli altri Paesi
europei. Nel periodo 1996-2002, i premi in Italia
hanno avuto un incremento del 96,7%, a fronte del
19,7 % registrato in Germania, del 35,6% in Spagna e
addirittura di un -8% in Francia! Nel medesimo
periodo, lincremento medio registrato nei Paesi
dellUnione europea ammontava al 28,4% (il dato
del Regno Unito, che, pur a distanza, si avvicina a
quello italiano non è attendibile in quanto
fortemente influenzato dallandamento della
moneta britannica, notevolmente apprezzatasi nel
periodo in esame, con conseguente incremento del
costo della vita).
La liberalizzazione, in altri termini, nel
nostro Paese non ha assolutamente favorito la
concorrenza e la conseguente diminuzione delle
tariffe, e di tanto ha dovuto pubblicamente dare atto
perfino lo stesso prof.Giuseppe Tesauro, presidente
dellAutorità garante della concorrenza e del
mercato, il quale, in una intervista al giornale
"Il Mattino" in data 26/09/2002,
affermava:"La Rc auto è
senza concorrenza".
Non spetta certo a noi indagare i motivi
di fondo che hanno provocato tale fenomeno anomalo
né questa è la sede per farlo; senza compiere
grandi indagini, tuttavia, alla comprensione della
vicenda può dare un contributo determinante la
sonora stangata inferta dallAutorità garante
ad un cospicuo numero di Compagnie di Assicurazioni,
che nellinsieme rappresentavano la gran parte
del mercato nazionale, per violazione della normativa
sulla concorrenza.
Nel 2000, infatti, lAutorità
garante, esaminando i comportamenti delle Compagnie
di assicurazione presenti sul mercato, ed in
particolare landamento delle tariffe praticate
in regime di liberalizzazione e le modalità di
determinazione delle stesse, ha rilevato un andamento
anomalo di tali processi ed una sincronia quanto meno
sospetta nellinnalzamento delle tariffe in
determinate aree. Ha, pertanto, individuato, a monte
di tali processi, lesistenza di un accordo
finalizzato alleliminazione della concorrenza
tra le varie Compagnie: in altri termini, le
Compagnie, secondo lAutorità garante, lungi
dal comportarsi come soggetti che agiscono in regime
di libera concorrenza, mantenendo innanzitutto il
segreto sui propri dati e rilevamenti interni, si
scambiavano liberamente tali dati, il che aveva loro
consentito di evitare il prodursi delleffetto
principale della concorrenza, e cioè la diminuzione
delle tariffe.
Le Compagnie, secondo lAutorità
garante, avevano costituito un "cartello",
tramite il quale procedere allo scambio di
informazioni sensibili riguardanti le tariffe, che
pertanto risultavano stranamente uniformi tra le
varie Compagnie, nonostante le evidenti diversità
soggettive tra le stesse e le diverse condizioni di
mercato in cui operavano. La conseguenza fu una maxi
multa di ben 700 miliardi di lire (allepoca
correnti) nei confronti di ben trentotto Compagnie
per violazione della normativa in materia di
concorrenza.
Il provvedimento fu confermato dal
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio e
successivamente dal Consiglio di Stato, anche se,
alla fine del naturale quanto prevedibile iter
giurisdizionale, il numero delle Compagnie sanzionate
fu ridotto a diciassette, ritenendo il Giudice
amministrativo estranee allaccordo le altre
ventuno.
La vicenda pose al centro
dellattenzione il mondo assicurativo, reo di
aver provocato, attraverso tali procedimenti non
proprio ortodossi, un danno incalcolabile alla
collettività ed in particolare ai consumatori.
Trascuriamo di ripercorrere in questa fase la vicenda
relativa ai rimborsi dei premi pagati in eccedenza
proprio a causa della suddetta manipolazione, essendo
questione ancora aperta, e dellindecoroso
comportamento del Governo italiano, che, attraverso
il famigerato "decreto
Marsano" introduceva una
norma di procedura civile con lunico
spregiudicato fine di tutelare le Compagnie di
assicurazioni verso le giuste rivendicazioni dei
consumatori, che chiedevano la restituzione di quanto
pagato in più a seguito del suddetto censurato
comportamento delle Compagnie.
Rammentiamo che lo stesso ISVAP, istituto
creato proprio per esercitare funzioni di vigilanza
sulle assicurazioni, fu accusato di connivenza o
quanto meno di omessa sorveglianza, e furono perfino
avviati procedimenti penali a carico dei suoi
dirigenti per laccertamento delleventuale
sussistenza di fatti rilevanti sotto tale profilo.
Ma lintera vicenda, al di là del
clamore sollevato, non diede gli effetti sperati; ed
infatti, nonostante lormai definitivo
accertamento dellavvenuto accordo violativo
della concorrenza, il consumatore non riuscì ad
avvertire alcun concreto beneficio, poiché le
tariffe continuarono a seguire il loro andamento
precedente, aumentando costantemente, senza
registrare in alcun modo variazioni conseguenti alle
vicende esterne del mercato.
Nulla ha potuto tranquillizzare il
consumatore in ordine alla circostanza che le
Compagnie colte con le mani nel sacco possano essersi
emendate, ed abbiano avviato processi virtuosi
attraverso i quali determinare le proprie tariffe in
maniera corretta e trasparente. La stessa
introduzione della cosiddetta "patente
a punti", che, quanto meno
nel primo periodo di applicazione, ha portato a
conseguenze benefiche per la collettività, riducendo
considerevolmente il numero dei sinistri e la loro
portata lesiva, non ha prodotto alcun risultato
apprezzabile in ordine alle tariffe, che non hanno in
alcun modo registrato alcuna riduzione conseguente
alla suddetta riduzione dei sinistri.
La sensazione è che, nonostante la
normativa che regola la concorrenza, nonostante la
conclamata violazione della stessa da parte delle
Compagnie, nonostante la liberalizzazione delle
tariffe, e nonostante ogni altro evento che possa in
qualsivoglia modo intervenire a modificare il
processo di formazione delle tariffe, le Compagnie di
assicurazioni, sfruttando la condizione di preminenza
che riviene loro dalla stessa obbligatorietà
dellassicurazione, continuino in qualche modo a
"fare cartello",
scambiandosi informazioni sensibili che avrebbero in
linea teorica dovuto coprire del più rigoroso
segreto, e coordinando le rispettive azioni in
maniera tale da determinare per sé stesse profitti
sempre più cospicui, a danno della collettività. La
sensazione è, pertanto, che i dati su cui le stesse
si basano nella formazione delle tariffe siano, se
non manipolati, quanto meno "pilotati".
Tale sensazione è stata confermata dai
dati riportati nella tabella soprastante, estrapolata
dalla relazione redatta il 17/04/2003
dallAutorità Garante della Concorrenza e del
Mercato a conclusione dellindagine conoscitiva
sul settore della responsabilità civile auto, che ha
espressamente rilevato un costante aumento dei premi
di assicurazione, nonostante la liberalizzazione, a
fronte di una scarsa innovazione e di una qualità
sostanzialmente invariata dei prodotti. Tale fenomeno
costituisce unanomalia in campo europeo, dove
invece le tariffe hanno risentito in maniera concreta
del processo di liberalizzazione e di ogni altro
evento idoneo a modificarle. I premi di competenza,
nel periodo 1994 - 2001, si sono pressocchè
raddoppiati (la percentuale è vicina al 90%), mentre
il costo dei sinistri è cresciuto di una percentuale
largamente inferiore, e vicina al 70%.
Ad ulteriore conferma di tale sensazione
vi è la constatazione che diversi gruppi
assicurativi stanno in questi anni operando delle
ristrutturazioni che appaiono in contrasto con i
principi di razionale gestione delle risorse, e di
contro tendenzialmente idonee a produrre un aggravio
di costi, in luogo di benefici. Il riferimento è
allaccorpamento ed accentramento del servizio
di liquidazione dei danni, tramite uffici sinistri
elefantiaci e "call center".
Le Compagnie in questione, che, guarda
caso, rientrano tra quelle già sanzionate
dallAutorità garante, stanno gradualmente
ristrutturando i propri servizi di liquidazione, o
accorpandoli (vedasi Gruppo SAI-FONDIARIA, Gruppo
TORO) ovvero creando società ad hoc alle quali
demandare la gestione del servizio sinistri (vedasi
G.G.L per il Gruppo Generali e RASSERVICE per il
gruppo RAS).
La tendenza è confermata allanalisi
delle strutture organizzative preposte alla
liquidazione dei sinistri delle imprese operanti i
Italia nel ramo R.C. auto, compiuta dallISVAP,
e contenuta nella circolare n.535/S emanata in data
06/07/04, nella quale si evince come, alla data del
31/12/03, sia enormemente aumentato il rapporto tra
veicoli circolanti e punti di contatto (cioè le
strutture liquidative che hanno contatto con
lutente finale avente diritto al risarcimento)
e quello tra il territorio ed i punti di contatto.
Nellarco degli ultimi tre anni, si legge nella
relazione citata, il primo dei due rapporti è
aumentato di oltre il 40%: si è passati, cioè, da
un numero di veicoli circolanti per punto di contatto
pari a 4.700 nel 2000 a 6.624 veicoli per punto di
contatto nel 2003. Contestualmente è aumentata la
superficie media del territorio assegnato a ciascun
punto di contatto: da una media di km/q.38 nel 2000
per punto di contatto si è passati ad una media di
km/q.45 nel 2003, con un incremento del 20% circa.
E aumentato notevolmente, infine, il numero di
sinistri gestito dai call center:
da un numero complessivo di 728.136 si è passati a
926.191, con un incremento del 27% (tali dati sono
riferiti ai call center
la cui attività non sia limitata alla sola raccolta
delle denunce ed allattribuzione degli
incarichi ai periti, e pertanto, considerando nel
novero anche quelli che limitano la propria attività
a questi aspetti, la percentuale è destinata ad
incrementarsi ulteriormente).
La rete di uffici di liquidazione sul
territorio viene progressivamente smantellata, per
essere sostituita da una serie di uffici
centralizzati e di dimensioni sempre maggiori. Il
danneggiato non ha più un rapporto con una persona
in carne ed ossa, ma deve chiamare un numero
verde, che procede ad avviare la
pratica assegnando il numero di sinistro, incaricando
il perito, trasmettendo lincartamento
allufficio di liquidazione più vicino.
Ovviamente, per poter essere funzionale ed
efficiente, il call center
deve essere dimensionato alle esigenze per le quali
è creato (dimensione del territorio di competenza,
numero di sinistri attribuiti ecc.); quando, come
nella realtà avviene, tale dimensionamento è
improntato allassoluta insufficienza, il call
center non è più uno strumento
di razionalizzazione delle risorse, ma diviene un
ingiustificato appesantimento della procedura ed
aggravio dei costi. E questo è solo il primo
ostacolo che il malcapitato danneggiato si vede
frapporre rispetto il giusto quanto agognato
risarcimento; volendo ipotizzare che, alla fine, il call
center ha risposto, il numero di
sinistro è stato attribuito e la perizia è stata
effettuata, il nostro danneggiato, per poter
apprendere il responso del perito deve recarsi presso
il centro di liquidazione, che molto spesso si trova
distante dalla sua residenza, essendo gli stessi
centralizzati per province o regioni, fare una fila
immensa, magari solo per sentirsi dire "torni
la settimana prossima perché la pratica non è
pronta". In alternativa,
nel caso di trattazione telefonica del danno, deve
provare e riprovare fino a trovare la linea libera
negli orari previsti, e avere la disponibilità di
fax, e-mail ed altri ritrovati tecnologici per poter
compiutamente dialogare e dimostrare documentalmente
la fondatezza dei propri assunti.
Il risultato di questo procedimento
sommariamente descritto è un peggioramento notevole,
in termini di qualità, del servizio reso (un
servizio al quale, è bene rammentarlo, il
danneggiato ha già ampiamento contribuito, quale
utente della strada ed in quanto tale certamente
titolare di proprie polizze di assicurazione per la
responsabilità civile obbligatoria), che costituisce
comunque un risarcimento, e non una beneficenza.
Lart.1182 del codice civile prevede che
lobbligazione risarcitoria vada adempiuta
presso il domicilio del creditore, il quale invece in
questo caso viene costretto non solo a recarsi presso
il domicilio del debitore, ma a farlo in condizioni
di disagio e di assoluta subalternità. La
centralizzazione e la spersonalizzazione del servizio
di liquidazione dei danni si risolve, in definitiva,
nellaggravamento del danno, poichè comportano
il dilatarsi dei tempi di risarcimento e perdite
notevoli di tempo per il danneggiato, e quindi un
danno che non viene mai risarcito da nessuno.
Il danneggiato, di conseguenza, è portato
a cercare di compensare tali perdite non risarcibili
"gonfiando" artatamente la richiesta di
risarcimento ovvero tentando di lucrare risarcimenti
per danni inesistenti (ad esempio i famigerati "colpi
di frusta"); è un
comportamento certamente censurabile, perché
contrario ai principi generali di lealtà e buona
fede, se non addirittura a norme penali, ma è
altamente comprensibile perché, in questo contesto,
il comportamento della Compagnia di assicurazioni
viene percepito come iniquo,
con conseguente legittimazione di qualsivoglia altro
comportamento altrettanto iniquo.
Riteniamo, di contro, che un comportamento
altamente etico
delle Compagnie potrebbe stimolare i danneggiati ad
assumere un comportamento altrettanto etico.
Il sistema descritto provoca, peraltro, un
altro effetto perverso e certamente contrario ai
principi di economicità e razionalizzazione delle
risorse per cui appare pensato: il danneggiato, a
fronte di una prassi liquidativa per lui complicata e
gravosa, è sempre più portato a non gestire
personalmente la pratica di risarcimento, ma a
rivolgersi a professionisti (avvocati, studi di
consulenza), il cui intervento costituisce
ineluttabilmente un ulteriore elemento di costo dei
sinistri che potrebbe, di contro, essere agevolmente
evitato. Non solo; ma gli stessi professionisti, di
fronte alla prospettiva di perdite di tempo bibliche
in attese a volte inutili, sono portati sempre più a
risolvere le problematiche liquidative in sede
contenziosa, con ciò aggravando gli uffici dei
Giudice di Pace di ulteriore carico di lavoro ed i
costi di liquidazione dei relativi oneri. Ciò si
verifica in particolare per i sinistri di scarso
valore, che costituiscono la gran parte del numero
complessivo dei sinistri che periodicamente si
verificano, in quanto il professionista è
scarsamente motivato a perdere una giornata di tempo
(cosa non rara nei grandi centri di liquidazione) per
poter ottenere la liquidazione di un sinistro di
scarso valore, dal quale potrà ricavare un compenso
esiguo.
Il ricorso al contenzioso aggrava
enormemente il costo del sinistro, e spesso le
parecelle degli avvocati e dei consulenti tecnici, di
parte e dufficio, superano largamente lo stesso
costo puro del risarcimento. Non va dimenticato, poi,
che tali costi crescono in maniera inversamente
proporzionale ed incidono pertanto, in linea
percentuale, in maniera più elevata nei giudizi di
valore inferiore, rispetto a quelli di valore
superiore. Entrando in dettaglio, dieci cause del
valore di .1.000 luna producono costi,
per compensi agli avvocati ed ai consulenti,
superiori a quelli di un causa in cui si discuta di
un risarcimento da .10.000.
E evidente come tutto ciò produca
una spirale perversa, che si traduce in un
complessivo aggravio dei costi dei risarcimenti, che
a sua volta produce un aumento delle tariffe, che
pertanto vengono percepite sempre più come inique
da parte dei consumatori, i quali, laddove se ne
presenti lopportunità, tenteranno di
recuperare dalle Compagnie quanto ritengono sia stato
loro iniquamente sottratto, il che produrrà ancora
un aggravio dei costi per il risarcimenti, e così
via
Ma allora, se queste facili considerazioni
sono alla portata di chiunque sia anche solo un poco
addentro al mondo assicurativo o giudiziario, perché
le Compagnie di Assicurazioni perseguono una politica
che, in tutta evidenza, comporta per loro delle
conseguenze così deleterie?
Le risposte a questa domanda, che possono
essere molteplici ed articolate, non spettano
certamente a noi, né tantomeno possono essere
formulate in questa sede; alluomo della strada
viene comunque spontaneo rilevare come, se
unimpresa commerciale in grado, per le sue
dimensioni, di influenzare il mercato, compie una
scelta di questo tipo, certamente auspica, se non ne
ha la certezza, che le conseguenze negative di tale
scelta non ricadano su di lei. In altri termini, i
costi reali della scelta non vengono pagati, in
termini di minore redditività, dalla Compagnia, ma
ricadono, in termini di aumenti delle tariffe, sulla
collettività.
Tale risultato può essere ottenuto
tramite un controllo sulle tariffe, che viene operato
dalle Compagnie, in violazione della normativa
relativa alla concorrenza, non più tramite le
acquisizioni sociali, sottoposte a rigorosi limiti e
controlli, non più attraverso le comunicazioni di
dati sensibili tra le diverse Compagnie, ma
attraverso la condivisione dei centri di liquidazione
e delle relative procedure informatiche.
In altri termini, le Compagnie oggi
continuano a trasmettersi, in violazione della
normativa sulla concorrenza e del provvedimento
dellAutorità garante, gli stessi dati
sensibili che si passavano luna con
laltra in precedenza, e per cui sono state
sottoposte alla sanzione della predetta Autorità,
solo che oggi lo fanno in maniera più subdola,
utilizzando i dati dei sinistri di ciascuna.
Tali dati sono presenti nel sistema
informatico della società consortile che gestisce i
sinistri per conto delle Compagnie che lhanno
costituita, e sono facilmente accessibili
nellambito dei grossi centri di liquidazione
che altre Compagnie, senza ricorrere al predetto
espediente, hanno comunque creato. Il "cartello"
è ancora presente, e, per dirla con le parole del
Garante Antitrust Tesauro, "un
cartello non si fa per abbassare le tariffe".
Attraverso la conoscenza dei dati relativi alla
liquidazione dei danni presenti nei programmi
informatici delle Compagnie che stanno procedendo a
simili ristrutturazioni del servizio di liquidazione
(che rappresentano una quota rilevante
dellintero mercato) le Compagnie medesime
possono "pilotare"
landamento delle tariffe, ottenendo che le
stesse aumentino costantemente, ed attraverso tale
aumento possono rastrellare sempre maggiori risorse
finanziarie.
Il vero nodo della questione sta qui, ed
altrimenti non si comprenderebbe il motivo per cui le
Compagnie debbano rastrellare maggiori importi sotto
forma di premi se poi devono pagare maggiori
risarcimenti. Viviamo nellera della economia
virtuale e della finanza creativa, ed i recenti casi
PARMALAT e BANCA 121, per rimanere al panorama
italiano, lo insegnano. La ricchezza non si accumula
più, o non solo, secondo i tradizionali processi
produttivi: "spendo 5 per
produrre, vendo a 7, guadagno 2";
parlando di società di dimensioni notevoli, tali da
influenzare il mercato, e maggiormente di
concentrazioni o cartelli tra esse, più che il
guadagno sulla singola operazione conta il flusso
finanziario che si riesce a creare, e luso che
di tale risorsa si riesce a compiere.
In altri termini, nellodierno
mercato globale e virtuale, la Compagnia di
assicurazioni può non avere più interesse a
guadagnare nella gestione di un ramo assicurativo, o
nello stesso proprio esercizio dellattività
nel suo complesso, essendo sufficiente che dalla
gestione di tale attività derivi comunque un
cospicuo flusso di denaro, che di per sé comporta un
apprezzamento in borsa del titolo della Compagnia che
di tale flusso beneficia, e che costituisce valida
base finanziaria per ulteriori manovre speculative.
In tale ottica, ad una Compagnia può non
importare se il saldo netto tra premi acquisiti e
sinistri pagati non sia eccessivamente remunerativo o
addirittura sia passivo, poiché tra lincasso
del premio ed il pagamento del risarcimento corre
comunque un lasso di tempo sufficiente perché il
flusso finanziario determinato dallacquisizione
di premi sempre maggiori possa essere utilizzato in
manovre speculative, determinando conseguenze
favorevoli e comunque tali da superare le possibili
conseguenze negative delleccessivo costo dei
premi.
E una condizione precaria ed
instabile, che nessuna economia sana può tollerare,
e che qualsiasi evento imponderabile può far
crollare, ma non è fantascienza: è quanto si è
verificato proprio poco tempo fa e proprio a casa
nostra, nei grandi scandali finanziari che ancora
tengono banco sui vari giornali.
E per questo che, nella nostra
qualità di cittadini attenti alle vicende del nostro
Paese, che pongono al centro del proprio impegno
politico il rispetto delle leggi e la tutela dei
diritti dei più deboli, abbiamo deciso di formulare
il presente documento, che non vuole costituire un
atto di accusa verso nessuno, ma semplicemente vuole
esprimere le libere considerazioni che un cittadino
attento e responsabile formula rispetto determinati
processi che si svolgono sotto i suoi occhi, ed un
forte richiamo rivolto alle Autorità di vigilanza
perché intervengano, evitando che si verifichi un
nuovo caso PARMALAT.
Lecce, 10 settembre 2004
ITALIA DEI VALORI - LISTA
DI PIETRO
(p. lesecutivo
provinciale)
avv.Piergiorgio Provenzano
cell.389/8066824