COME NON TI SCORDAR DI ME (A una dolcissima memoria di fanciullezza immatura) Era una vecchissima casa diruta, tana per i miei sogni di bimbo impaurito da quando un mattino trovai morta la bella mia Elaide: stava certo attendendomi all'alba, come figlia dei campi. Il terrore mi tenne lontano da qual mucchio di sassi, che nei sogni mi fischiavano intorno agli orecchi scagliati forse da un cattivo pastore, per un'agnella smarrita. Quando cresciuto lasciai il mio paese per andare agli studi, io con me la portai entro la bisaccia dei miei pochi ricordi che mi stringevo sul cuore ogni notte. Le stelle mi roteavano intorno fino a terra allungando gli steli di margheritine salite all'empireo. E tuttavia ad ogni ritorno qualche pietra mancava su quel lento distruggersi, che mi lanciava terribili insulti se riudivo la voce della bella mia Elaide come me non ancora seenne. Son ritornato da vecchio: entro l'aiola formata dalle mura dirute un gruppo di margheritine llungavan gli stelidagli steli come per aprire ogni giorno la perla dei petali. Ma un mattino col suo sole ancora radente proiettò la mia ombra su esse, ed io, addolorato e impaurito mi portai dietro quell'ombra fuggendo. Ma la notte seguente, un richiamo di assiolo mi costrinse a tornare per quell'abbraccio che ridiede la vita al ricordo che la notte non spense, e su cui quattro margheritine dai lunghissimi steli mi parver candele da camera ardente dove trovai il paradiso. Ho altri affetti, ma sento che riunirci tutti entro quel recinto di sassi sarebbe come cogliere stelle per alimento di vite ultramondane che Elaide, ogni notte, mi racconta la fiaba della luna che non trova pace e si dimezza e poi annulla per noi e ricompare piccina. E io m'innamoro del cielo sotto cui le margheritine conservano ancora quei lunghissimi steli che il cielo trasformano in terra e la terra nel cielo. Rietidomenica 12 giugno 2005 |
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