Gian Maria
Volonté
Tra le esperienze teatrali, da Shakespeare ( Giulietta e Romeo, 1960) a Goldoni ( La buona moglie, 1963), al Vicario di R. Hochhuth (1965), al teatro-tenda, la più importante fu forse quella (1960-61) con gli Artisti Associati, in cui interpretò il personaggio di Nicola Sacco in Sacco e Vanzetti di Roli e Vincenzoni. Negli anni Sessanta passò anche al cinema, esordendo nel 1960 con D. Coletti in Sotto dieci bandiere, affermandosi tra gli interpreti di punta in film civili ( Un uomo da bruciare, 1962; Il terrorista, 1963; Svegliati e uccidi, 1966; A ciascuno il suo, 1967, di E. Petri, vincitore del nastro dArgento; I sette fratelli Cervi, 1968; Banditi a Milano, 1968; L'amante di Gramigna, 1969) e in western all'italiana soprattutto quelli diretti da S. Leone, in cui interpreta il ruolo del cattivo e del cinico ( Per un pugno di dollari, 1964; Per qualche dollaro in più, 1965, Quién sabe?, 1967, di D. Damiani). Ma fu con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) che la sua straordinaria capacità e il suo impegno politico lo lanciarono in una svariata serie di interpretazioni: Uomini contro (1970), Sacco e Vanzetti (1971), La classe operaia va in paradiso (1971), Il caso Mattei (1972), Sbatti il mostro in prima pagina (1972), Giordano Bruno e Lucky Luciano (1973), Il sospetto (1975), Todo modo (1976), Io ho paura (1977), Cristo si è fermato a Eboli (1979). Ha lavorato anche all'estero: in Francia per I senza nome (1970) e L'attentato (1973), in Messico per Actas de Marusia (1976), in Svizzera per La morte di Mario Ricci che, dopo alcune prove poco riuscite, gli ha permesso di vincere a Cannes, nel 1983, il premio per la miglior interpretazione. Tra i film successivi ricordiamo Cronaca di una morte annunciata (1987) di F. Rosi, tratto dall'omonimo romanzo di Garcìa Márquez; Il caso Moro (1986) di G. Ferrara, L'opera al nero (1988) di A. Delvaux, Tre colonne in cronaca (1990) di C. Vanzina, Porte aperte (1990) di G. Amelio, Una storia semplice (1991) di E. Greco. Muore sul set di Lo sguardo di Ulisse di T. Anghelopoulos. Di sé Volontè diceva "Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società, per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra larte e la vita": personalità poliedrica, grandi abilità tecniche, grande sensibilità artistica e finezza darguzia nella caratterizzazione dei personaggi e forte presenza magnetica sullo schermo, dimostra la sua matura recitazione non priva di toni aggressivi in tutti i personaggi che si trova a interpretare, trovando la sua dimensione ideale nel cinema drammatico di impegno politico e sociale (per la preparazione del personaggio di Moro si racconta che si concentrasse immensamente, cercando di elaborare e fissare nella mente i modi di essere e gli atteggiamenti del suo personaggio). |
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