di massimo d'andrea La cosa che ci ha colpito molto della sua pittura è la capacità di unire la figura con i tempi contemporanei e con la pittura contemporanea. La prima domanda che le faccio è: come nasce unopera, perché e cosa la spinge a dipingerla? Anna Caser: È una domanda curiosa In fondo, uno dipinge, o scrive, o fa musica perché ha bisogno di esprimersi e in qualche modo spera che questo suo esprimersi possa coinvolgere altre persone, nel senso che altre persone possano condividere delle scelte, delle immagini. In generale, immagini per me positive: cerco sempre, o comunque mi esce sempre, un prodotto abbastanza gioioso, anche se la mia vita da persona adulta non lo è stata molto. Quando dipingo forse dimentico e ritorno alla mia infanzia, che per me è stato un periodo molto felice. Sono delle immagini che in qualche modo hanno a che fare anche con immagini infantili; anche se poi mediate, naturalmente, da tutto quello che è venuto dopo. La grande capacità di accostare la figura che è difficilissimo riproporre oggi in un concetto e in uno spazio contemporaneo. Movendoci proprio nel campo della comunicazione, lartista in genere non vive più la contemporaneità, cioè le problematiche, la società. Questo che cosa rappresenta? Un momento di crisi nellarte e nella comunicazione oppure spavento e paura di dire, di comunicare, di parlare dei tempi di oggi? Non è proprio così. In fondo lartista è chiaramente un artista che vive nel mondo doggi, con tutti i problemi e le contraddizioni che incontra. Però, in qualche modo, le supera. La mia pittura è una pittura onirica, che si rifugia nellinfanzia, nel sogno, negli anacronismi e anche nellironia, perché io credo che bisogna mantenere la capacità di non farsi travolgere dagli eventi, di mantenere anche uno sguardo ironico sulla realtà. Ho fatto anche delle esperienze politiche che mi hanno molto provato. Per me è stato un momento di grande difficoltà, era il momento dellimpegno politico in cui era difficile mantenere unautonomia artistica. Intimista portata al sogno non potevo creare immagini politiche. Sono stati gli anni delle lotte, delle manifestazioni Allora impaginavo, facevo pubblicità, discutevo. Ho curato molti allestimenti scenografici per i festival politici: pannelli giganteschi. E locandine, l8 marzo, ecc. Ma aldilà di tutto questo rimane il discorso dellautonomia artistica. Per me il problema grosso che cè stato nel periodo in cui andava per la maggiore Guttuso è stato proprio quello che non potevo condividere certe scelte politiche riguardo allarte. E, devo dire, che per un certo periodo ho anche smesso di dipingere perché pensavo che magari fosse più utile per la comunicazione fare un discorso pubblicitario e mi sono quindi dedicata a manifesti e cose di questo genere. Naturalmente ora vedo queste cose con un certo distacco. Trovo che lartista debba essere se stesso e non farsi condizionare da momenti contingenti, dalla politica, anche se condivide certi problemi che fanno parte della vita quotidiana. Per me larte deve essere libera, libera di esprimersi. E non può rappresentare lorrore, la guerra che abbiamo intorno; non soltanto questo. Per me deve dare anche un messaggio di speranza. Salterebbero una marea di opere, lei lo sa. Salterebbero lespressionismo tedesco, Guernica e tante altre cose con questa affermazione. Non è tanto vero perché Guernica è si un messaggio politico, ma cè anche un messaggio che va aldilà di quello che è il momento terrificante ed agghiacciante di quella tragedia. Certo, poi cè chi è più portato allespressionismo, che in Van Gogh ha avuto il suo precursore, e cè chi è più portato al sogno; ma non per questo bisogna precludere la strada a chi vuole rappresentare il sogno rispetto a chi vuole invece denunciare con forza certi avvenimenti. A parte che neanche a me interessa né amo la pittura di Guttuso perché era molto più legata al partito che a un concetto storico reale ed ampio. Poi, nel resto del mondo accadeva tantissimo a livello pittorico, non si è mai capito perché in Italia eravamo ancora legati a certi schemi e certi conformismi. E questo non mi piaceva. Adesso la incastro, simpaticamente Il sogno che lei rappresenta in tutte le sue opere che ci hanno particolarmente colpito proprio per questo motivo: la capacità di essere contemporanee, e quindi di mantenere nel segno e nella rappresentazione visiva sia la figura che la contemporaneità dellarte Il sogno non è poi idealismo? Quella mancanza a cui io faccio riferimento? Noi facciamo riferimento a un discorso di mancanza di ideali e di espressione contemporanea della realtà; del fatto che non si rappresenta la guerra in Iraq o in Afghanistan, ecc, e che quindi non si esprimono ideali. Ma il sogno, non è un ideale? E quello che lei esprime nel raccontare i sogni con molta positività, non è un ideale? Sì, è in qualche modo un ideale. Ma io dicevo che non è che non bisogna rappresentare la guerra o le torture. Però a queste lasciamo limmagine fotografica. In fondo, lartista ha un ruolo diverso rispetto a quello di fotografare certe realtà. Ad un certo punto, pur avendo e sentendosi parte di questi problemi del mondo, forse si rifugia in unaltra realtà che è quella del sogno e quindi quella dellideale. È un rifugio. Forse una fuga. Però è una fuga dove probabilmente trova un certo equilibrio e una certa pace. Tornando alle sue opere, lei come nasce pittrice? Come si è sviluppata la sua storia? Provengo da una famiglia che da generazioni annovera pittori e scultori di professione. Per me è stato molto importante il segno che mi ha lasciato un mio prozio, il fratello di mio nonno, che si era formato nel periodo Liberty ed aveva fatto lAccademia di Belle Arti di Venezia. Lui andò a New York nel 1910 e poi rimase lì, non tornò mai in Italia poiché era antifascista convinto. Le sue opere fecero molta fatica, quando lui morì nel 1944, a tornare in Italia perché era tempo di guerra. Cera tutta una vicenda legata al mito di questo zio pittore. Come si chiama? Ettore Caser. Adesso si può trovare nelle aste americane. Insomma, è stato un personaggio molto importante per la mia famiglia, era un po un mito. Quando tornarono alcuni quadri a casa io ero bambina e per me questi quadri rappresentavano un mondo veramente fantastico. Ma lui non era il solo della famiglia. Cerano poi i cugini molto noti nel Veneto, i Trentini, uno di loro, Guido Trentini, si trova oggi nei musei. E poi cera anche Angelo Barabino. Insomma, cera unatmosfera artistica; tantè vero che la cosa divertente è che a casa mia molto spesso non si riusciva a mangiare perché lacquaio era pieno di barattoli di colori, di acquaragia, di cose che non si potevano mangiare. Ed io ho condiviso questo amore per la pittura fin da quando ero bambina. Per me era una cosa del tutto normale dipingere, disegnare. Quasi tutti nella famiglia disegnavano. Mio padre, che era medico, dipingeva anche lui. Devo dire che ho iniziato presto ad avvicinarmi a vivere in questo mondo. E poi ho fatto la scelta di vita di dedicarmi a rappresentare queste immagini che, in fondo, erano e sono tuttora la cosa più importante. Io non saprei vivere senza la pittura; perché per me è la vita. E la mia vita si travasa in pittura come la pittura si travasa in vita. Cè uno scambio continuo. E quandè che lei inizia a dipingere nel modo che io ho più volte definito kleeiano, venendo anche rimproverato? Io ho fatto il liceo artistico a Genova e laccademia a Roma. È chiaro che le avanguardie storiche diventavano un momento di riflessione e le mie simpatie andavano proprio per questo tipo di arte così innocente, ma anche così raffinata e colta, legata alla musica, come io spesso sono, tantè vero che a casa mia i sabati e le domeniche facevamo musica barocca ed io suonavo il flauto che poi ho abbandonato poiché non facevo abbastanza esercizio e mi sgridavano tutti perché non facevo abbastanza progressi. Ma mi è rimasto lamore per la musica. Inoltre, avendo anche insegnato ho fatto tesoro della teoria della forma e della figurazione di Klee da cui vengono fuori moltissimi mondi possibili e tante possibilità espressive che lo rendono proprio un maestro. E, naturalmente, i maestri sono importanti. Avere un maestro bravo, ma anche saper riconoscere un bravo maestro è importante perché si tratta della tua formazione. E credo che Klee, dal punto di vista della formazione sia un maestro veramente eccezionale. Anche Kandinsky mi è sempre piaciuto molto; Chagall... Insomma, le avanguardie storiche sono state per me importantissime. Mi sarebbe piaciuto in qualche modo poter rappresentare tutte queste avanguardie che mi sono nel cuore in ununica opera, mettendoci dentro Chagall, quello che mi piace di Klee, anche Rotko con i suoi movimenti delle superfici Queste immagini a me care in qualche modo fanno parte di quello che poi sono venuta con il tempo ad esprimere. Le abbiamo dato un lavoro da fare, dunque. Tornando alle problematiche legate allarte, parliamo di spazi e critici: come siamo messi in questo periodo? In questo periodo siamo messi abbastanza male perché, sempre più, le gallerie tendono a diventare degli affitta camere. Si è persa un po quella storia così bella degli anni passati, della metà del Novecento, quando cerano delle gallerie propositive che portavano avanti i loro artisti. Devo dire che ora le gallerie, siccome fanno fatica a vivere visto che cè meno possibilità di vendere, sono costrette in qualche modo a far pagare agli artisti delle spese. Naturalmente non voglio fare di tutta lerba un fascio, ci saranno pure le eccezioni, ma quello che vedo io in giro è che, specialmente in Italia, sono poche le gallerie che propongono gli artisti in modo lodevole. In Europa è già un po diverso. Un artista non può rimanere solo in Italia, deve muoversi. Io ho girato tanto, ho fatto soprattutto molte fiere in Europa, dallOlanda, al Belgio, alla Francia e lì qualcosa si muove. Tuttavia, anche le fiere sono diventate un problema, in quanto ci sono tante spese. Il gallerista, oltre alla galleria, quando va in fiera ha delle spese da sostenere e si fa aiutare dagli artisti che presenta. Però, mentre una volta gli artisti più o meno rientravano con le vendite, adesso, con il mercato che cè soprattutto dopo leuro, anche quella fascia di gente rappresentata non dai grossi collezionisti bensì dal ceto medio con certe possibilità, adesso tende a non comprare. Il mercato, per quanto riguarda la fascia degli artisti emergenti è in difficoltà. Mentre quando leggiamo che il mercato dellarte va benissimo dobbiamo intendere quello dei pezzi da novanta che i collezionisti acquistano perché sono meglio dei Bot, perché se uno prende un pezzo di Mirò o anche una sua grafica ha un 15% allanno di guadagno; cosa che nessuna speculazione finanziaria è in grado di dargli. Ma bisogna avere la possibilità di spendere grosse cifre. E quindi siamo al solito discorso che chi ha i mezzi riesce anche a condizionare il mercato. E i critici? Il critico deve essere in grado di apprezzare lartista. Naturalmente, anche apprezzando lartista, richiede il suo guadagno che in parte è giusto perché se uno fa il medico guadagna facendo il medico e se uno fa delle critiche anche lui deve avere la possibilità di vivere attraverso questo. Però cè un modo di vivere equo ed un altro che non lo è perché se si devono spendere 10.000 euro per una critica, allora comincia a diventare un pochino difficile per gli artisti poter pagare. Il critico e le gallerie erano nati in un altro modo; oggi sono diventati degli chef. Ma al giorno doggi, lartista ha bisogno credo della galleria, ma del critico? Io sono convinta che lartista è in grado di scrivere una critica; per lo meno, io un pezzo me lo saprei scrivere e come me immagino anche tanti altri. Però, è chiaro che se lo faccio io rimane una cosa morta là; se la fa Bonito Oliva o Sgarbi ha una risonanza ben diversa. Che cosa sta preparando e cosa preparerà? Prossimamente ho una mostra a Riva del Garda in cui presenterò cose totalmente diverse, perché io amo molto la ricerca, per cui ad un certo punto ho bisogno di trovare strade nuove; altrimenti mi impigrisco e non cè più quellemozione che la cosa nuova o il materiale nuovo mi da. Sto facendo delle ricerche che sono in parte legate al computer, in parte al pennello, mescolando le tecniche. Sto facendo cose di grandi dimensioni, partendo dalla ricerca sui frattali. Vedremo Sarà totalmente diverso da quello che presentiamo qui? Cè sempre una continuità in qualche modo. Ma questa ricerca che è recentissima e che non è stata ancora esposta, presenta comunque cose diverse. Perché io ritengo che certe tecniche che ci offre il mondo di oggi non possano essere sottovalutate. Lartista deve tenerle presenti nel bene e nel male; deve saperle utilizzare, anche se poi magari ci rinuncia. Fa parte della ricerca artistica utilizzare il computer, la stampa digitale e tutte queste cose. Aspettiamo allora qualche immagine del nuovo lavoro. AC: Certamente. |