intervista alla pittrice SEVERINA DI PALMA

di massimo d'andrea

parliamo di lei delle opere che ci ha inviato questi stupendi fogli, queste stupende carte , questi bianchi , questi gialli…La prima domanda che vorrei farle è: Come nascono questi lavori?

Ringrazio la redazione Namir e la giuria….L’idea è venuta fuori nel momento in cui ho avuto di fronte alcuni ragazzi non vedenti, perché ho insegnato sostegno per circa 15 anni, di cui 5 ai soli ragazzi non vedenti. Questi ragazzi non potevano percepire la bellezza delle immagini; dato che il racconto non era sufficiente, ho pensato di creare qualcosa che potesse fornire emozioni anche attraverso il tatto. Quindi come insegnante di sostegno per non vedenti e conoscendo la scrittura braille è venuto fuori molti anni fa, parlo di circa 25 anni fa, l’idea di creare qualcosa. D’allora va avanti la sperimentazione che non è ancora terminata considerato che non ho avuto l’opportunità di avere di fronte persone non vedenti che potessero comunicarmi le emozioni tattili suggerite dalle mie opere.Per quanto riguarda le opere non ho messo i titoli di proposito, perché la dicitura "senza titolo" coinvolge maggiormente il fruitore, contrariamente all’opera con la didascalia, la quale comunque condiziona il fruitore, assegnando ad essa un significato prestabilito. A me piace lo scambio continuo con il fruitore, infatti preferisco le installazioni al quadro esposto in maniera tradizionale, perché mi piace coinvolgere chi osserva; questo permette a me stessa di sentirmi maggiormente coinvolta: mi arricchisco di nuove sensazioni, di nuove emozioni che il fruitore mi suggerisce.

Lei diceva che ha iniziato casualmente lavorando con i non vedenti, c’è quindi un discorso sociale nella sua pittura. Lo ha continuato oppure pensa che nelle sue opere ci sia soltanto un discorso poetico al di fuori di quello che stiamo vivendo?

Non è soltanto un discorso poetico, c’è anche un discorso sociale. Nello specifico se parliamo dei "Bianchi", quelle strisce bianche che sembrano stracci si riferiscono anche allo squallore che c’è intorno, quindi il taglio, lo strappo, l’incisione sono mezzi con cui rimarcare una condizione di disagio che stiamo vivendo tutti a livello sociale. Al di là della bellezza che può suggerire un’opera, dell’emozione che essa può dare, il buco, il taglio sono segni molto forti: sono ferite provocate sulla materia. Questo mi porta a riflettere su cosa la società ci offra...

La pittura può dare un aiuto?

La pittura e l’arte in generale possono dare veramente tanto, perché l’arte può diventare un mezzo di denuncia, poiché quando si vive un disagio risulta naturale esternarlo attraverso le proprie opere. Se poi queste opere girassero il mondo e soprattutto toccassero gli animi di coloro che detengono il potere l’arte potrebbe fare ancora di più…

Nel suo percorso artistico ed anche culturale, chi l’ha segnata visivamente tra i pittori storici?

"Sono tanti gli artisti che mi hanno segnata. Per esempio c’è Brancusi, mi piace il primitivismo di Brancusi, mi piace la sua sperimentazione. C’è anche Bai, nelle ultime opere ho evocato un po’ Enrico Bai, la sua gioia, l’esplosione di colore che viene fuori dalla materia. Mi piace anche Eliseo Mattiacci, mi piace Malevich. Volendo andare ancora più indietro c’è anche Orazio con La Preghiera degli Innocenti, sono tante le cose che mi hanno segnata, poiché il mio intento è stato da sempre quello di creare un mio linguaggio personale fatto di denuncia, di emozioni e di coinvolgimento".

Pensavo che mi citasse Fontana…

"Infatti, come potrei fare a meno di citare Fontana. I buchi, gli strappi, il perforare, l’andare oltre la materia, creare in questo modo un rapporto spazio-tempo, che allude alla terza dimensione attraverso la bidemensionalità delle opere. Ma, in realtà, di richiami a livello storico-artistico letterario ce ne sono tantissimi".

Come nasce un’opera d’arte; come la produce?

"Il mio modo di interagire con la materia è un po’ particolare, perché mi emoziono immediatamente nel momento in cui vedo una superficie bianca, in maniera quasi istantanea. C’è comunque una prima fase che è prettamente ideativa: questo periodo che dura mesi interi, potrei paragonarlo ad una vera e propria gestazione; avverto, quindi, questo travaglio, questo lavoro interno fino a quando non concretizzo l’idea, dapprima a livello mentale, in seguito essa esplode sulla materia. In realtà l’idea nasce anche dalle strade, dalla gente, da tutto ciò che in quel momento mi emoziona…"

Prima di fare questa intervista lei mi diceva che è di Foggia e che è molto importante il posto in cui opera…ci racconti lei perché…

L’ambiente in cui opero è privo di stimoli, parlo di Foggia, che come città e come provincia non offre molto. Anche se,come in tutti i contesti, c’è sempre un gruppo di persone che si attiva per creare cultura e sensibilizzare gli altri , proponendo varie attività: parlo del Circolo Culturale La Merlettaia, il quale da anni porta avanti questo discorso politico-sociale . Paradossalmente è proprio l’assenza di stimoli che mi permette di andare avanti, di progredire con la mia arte, quindi vivo l’arte come desiderio di evocare un momento che non c’è, un periodo che non c’è, che ho vissuto, che abbiamo vissuto tutti in maniera più serena perché eravamo più spontanei.

Oggi abbiamo una crisi dell’arte quasi oramai evidente, anche se per fortuna attraverso questo "concorso" siamo riusciti a trovare persone che lavorano con affidabilità, ricerca e passione. Cosa si deve fare per l’arte: cos’è che non va nell’arte oggi? Cosa manca: spazi , critici sbagliati, cos’è che disturba….

"Penso che gli spazi espositivi ci siano, purtroppo costano molto e di conseguenza non viene data a tutti la possibilità di mostrare le proprie opere. Inoltre i galleristi contano soprattutto sulle collettive in modo da creare maggiore movimento nel proprio spazio espositivo. Ma ciò che manca di più sono i critici: lavoro da tanti anni e quando proposi le mie opere ad alcuni critici…, allora le carte le bruciavo perché io faccio questi richiami continui ad artisti che hanno contribuito all’evoluzione dell’arte :Burri per le bruciature; Fontana per gli strappi e così via…Le carte le bruciavo per decontestualizzarle al fine di sperimentare percorsi alternativi. Nonostante il riconoscimento ottenuto da colleghi artisti i quali continuavano ad invogliarmi a mostrare in giro le mie creazioni,le mostrai, ma ebbi un dissenso:non furono capite e alcuni critici mi dissero che le opere erano glamour, termine che si presentava con una accezione negativa. La critica determina il buono e il cattivo gioco e la visione è solo soggettiva e parziale. Pertanto penso che i critici dovrebbero essere più obiettivi e più aperti a comprendere nuove situazioni mentali, nuovi linguaggi, nuovi percorsi espressivi. Dovrebbero inoltre, utilizzare dei parametri di valutazione e rispettarli.

Ma se l’arte è collegata al mercato, diventa difficile avere il coraggio di…

Il mercato dovrebbe incidere fino ad un certo punto. Se un artista…anche la parola artista forse andava bene anni fa.., oggi siamo delle persone sensibili che abbiamo bisogno di dire qualcosa .Il mio desiderio di libertà mi porta a perseverare, voglio portare avanti la mia idea. A questo punto a me non importa niente del mercato, se c’è è bene, se l’opera viene apprezzata è bene altrimenti comunque ho dato il mio contributo, poi lascerò agli altri l’opportunità di valutare positivamente o negativamente, considerato che anche in questo c’è crescita.

Lei vive della sua arte? Nel senso che la vende….

Ma , a me va abbastanza bene..

Riesce a vivere della sua arte.

No. Insegno discipline pittoriche presso l’Istituto d’Arte di Cerignola, il mio stipendio non è sufficiente per acquistare il materiale per la sperimentazione. Ciò che riesco a recuperare dalla vendita delle opere non è sufficiente a porre i ripari giusti dal punto di vista economico.

Ma i gialli e i bianchi sulle tele da cosa nascono?

In realtà,io non so quali opere avete scelto……..

Le abbiamo scelte tutte , alcune hanno questi bianchi e questi gialli delicati , in altri il giallo è più intenso..

La preferenza del giallo e del bianco è dovuta ai forti rimandi alla mia terra: il giallo del sole, il bianco delle strade soleggiate. La cultura mediterranea è una cosa che porto dentro e vorrei che si propagasse in tutto il mondo. Il giallo e il bianco sono i colori della luce, i quali mi forniscono gli stimoli adeguati per far emergere la luce interiore".