intervista alla fotografa FRANCESCA MANZINI

di massimo d'andrea.

Parliamo con Francesca Manzini. Giovanissima, 24 anni, una meritevole segnalata dalla nostra redazione per le sue immagini, come dire, immagini fresche… immagini che comunque cominciano con il denunciare l’assenza della naturalità e il rapporto che invece bisogna instaurare con la natura. Come nascono le sue opere Francesca?

Principalmente dal mio bisogno di scavare dentro me stessa. Le prime immagini che ho scattato e che sentivo veramente erano autoritratti… autoritratti che però dovevano indagare attraverso questo rapporto con il corpo e con la natura le mie paure più profonde. Quindi all’inizio è stata proprio autoanalisi. Ho fatto un lavoro sulla paura dell’abbandono, in polaroid, unendo immagine e parola scritta. Poi da lì ho proceduto seguendo più che altro il mio istinto, le mie passioni. Sono passata a toccare il tema dell’acqua con due lavori, sempre sull’autoritratto e che univano parola e immagine, sperimentando varie tecniche, da quelle più tradizionali come appunto diapositiva, polaroid a quelle un po’ più particolari come la scansione diretta del corpo con lo scanner.

Esisteva la photocopy art, l’hai mai vista?

Si si lo so.

Si facevano queste cose, anche con la body painting..

Si, una ragazza che conosco ha fatto delle cose molto interessanti con la fotocopiatrice a colori.

Si adesso abbiamo lo scanner che è un po’ piccolino però insomma ci si lavora.

È un po scomodo però… qualcosa esce fuori.

Ad esempio io non c’entrerei più.

Non è detto…

Senti… volevo sapere, le immagini poi le ritocchi al computer o no? Abbiamo visto alcuni scatti di foglie che volano… volevamo sapere se erano poi sovrapposizioni al computer…

No. Quelle legate alla ricerca artistica tendo a non toccarle per niente, neanche i livelli o i colori.. cerco di fare tutto in ripresa.

Che macchinette di solito utilizzi?

La polaroid vecchissima anni 70 che era di mio padre. Poi quella in pellicola... ho una nikon F80. Finora i lavori maggiori li ho fatti con queste due macchine.

Digitali?

Digitali si… recentemente ho comprato la D80, però finora l’ho usata per lavoridi altro tipo.

Senti francesca nelle tue foto comunque c’è questa ricerca tra virgolette del corpo e della natura però il soggetto sei sempre te perché?

Si in questi lavori principalmente si… ho fatto anche altre… per quanto riguarda il lavoro sul corpo ho lavorato anche con altre persone. Mi è capitato recentemente di lavorare con danzatrici sia per quanto riguarda la preparazione di performance che unissero fotografia video e live sia per quanto riguarda la fotografia di un corpo che danza. Però molto spesso la mia ricerca più creativa si rivolge verso me stessa perché almeno finora mi riesce più semplice esprimere le cose attraverso il mio corpo, le mie necessità più intime attraverso il mo corpo piuttosto che andare a cercare un altro corpo che sia in gradi di esprimerle.

Certo.. abbiamo avuto in emali un piccola discussione, simpatica tra l’altro, che riguardava il fatto appunto che, almeno nella sessione di fotografia che ci hai inviato, rappresenti, forse anche per l’età, una natura molto romantica e a volte, come dire, anche oscura… però la natura è anche violenta, è anche drammatica, è anche feroce, è anche forte. È anche diversa. Intendi rappresentare anche questi elementi della natura, questi caratteri della natura diversi, oppure stai già lavorando su altro?

Sto lavorando su altre cose in realtà. Però per quanto riguarda la natura non so ancora dove mi dirigerò. Nel senso che mi interessa moltissimo il discorso sulla natura anche da altri punti di vista, perché per quanto la natura sia feroce penso che l’uomo lo sia molto di più e bisognerebbe cercare di vivere più secondo ritmi naturali e non secondo ritmi disumani. Per quanto riguarda la mia ricerca estetica nel campo della natura, finora è stata più un mezzo per esprimere alcune emozioni legate magari alla femminilità. Quindi l’acqua per me era più origine della vita o comunque un elemento che portava vita ma anche morte… il lavoro su ophelia legato all’ annegamento... riguardava i due estremi di cui può essere portatore l’acqua. Quindi diciamo che finora è stata più una metafora per dire qualcosa di intimo che non una ricerca sulla natura in sé per sé.

Senti, volevo sapere una cosa… cosa ti aspetti dai critici? Come dovrebbero lavorare i critici? C’è bisogno del critico? Avete bisogno dei critici voi fotografi, artisti..?

Bella domanda… a me piace molto ricevere critiche, costruttive ovviamente. Perché anche sentirsi dire un no, un hai toppato completamente, anche se può essere un giudizio personale però ti mette di fronte a una sfida con te stesso, a un dover accettare. Penso che il crtitico debba avere un’enorme cultura e un’enorme sensibilità per poter essere tale, per poter dare qualcosa. Però penso che abbia un ruolo importante… se lo fa in modo giusto…

Concludiamo questa intervista interessante con Francesca Manzini chiedendole quali prospettive trova lei nell’arte e per quale motivo secondo lei, a parte alcuni temi molto ampi, l’arte non rappresenta in termini quotidiani quello che accade nel mondo?

Da una parte anche io mi pongo questo problema, del dovermi impegnare di più, perché recepisco molto a livello emotivo e personale quello che avviene nel mondo però poi quando mi trovo a fare una ricerca creativa magari non lo tiro fuori, tiro fuori cose più intime e personali. E a volte ci si chiede quanto sia utile questo, quanto non sarebbe più utile andare a combattere, in qualche modo, attraverso mezzi diversi… credo che in questo momento sarebbe molto utile perché probabilmente ci sarebbe bisogno di far aumentare un po la coscienza delle persone…

Come lo vedi il futuro?

Insomma… un po’ grigio al momento…

Speriamo che ci siano i tuoi interventi in futuro per aiutarci a comprendere come bisogna comportarci…

Spero di essere in grado.

Beh questo è un grande peso che penso abbiano tutti gli artisti in generale, o tutti coloro che incominciano ad affrontare questa strada… le premesse ci sono… auguri

Grazie.