INTERVISTA AL PITTORE DINO MARTINAZZI

Cominciamo con Leonardo Martinazzi, che ci ha inviato queste bellissime opere, molto informali…diciamo che forse negli anni precedenti c’era un tantino di figurativo…come poi è arrivato all’informale attuale e per quale motivo Martinazzi c’impegna, ci costringe comunque ad affrontare questo percorso dell’opera ?

Direi che non ho avuto un passato di figurativo, ma non si possono nemmeno definire astratte questo tipo di opere, perché sono lì su un crinale….diciamo innanzitutto che sento la necessità di dover produrre immagini

…rispondendo al perché nascono queste opere o come nascono…. perché sento il bisogno costante di costruire immagini….perché ho necessità di andare oltre l’apparenza, l’illusione e il sogno anche…. lo faccio quando scopro indignazione e meraviglia per ciò che succede, quando ho voglia di gridare dentro la testa….lo faccio per dare un anima alle emozioni e ai pensieri…. per dare risposte ai molti altri che sono in me….per ritrovare lo stupore infantile di quando concludo qualcosa…. per sentirmi libero in sostanza. I miei lavori nascono da queste esigenze…. e da un’inquietudine che le accomuna. Quel che faccio mi interessa per ciò che mi fa essere e per soddisfare la vitale necessità di conoscere….

Quale tecnica e che dimensioni hanno le sue opere, perché mancano le misure

Avevo mandato le misure…. comunque le più piccole sono 20x30 e le più grandi arrivano a 90x90, in gran parte faccio opere di media-piccola dimensione. La tecnica riguardante le opere che vi ho inviato, tutte fatte nell’ultimo decennio : alcune sono costruite su fogli in quadricromia, tolti da riviste o magazine, decolorate o abrase e completate con inchiostri, pastelli e/o acrilici, le ultime sono invece realizzate con l’aiuto del computer. Elaborazioni da mie foto o da immagini precedentemente costruite che stampo su carta in rilievo e completo con inchiostri e pastelli. Sono sempre pezzi unici comunque.

Come possiamo definirla: pittore, fotografo ….ci dica lei

Ma… io credo che la mia sia comunque una evoluzione della pittura…. Questa è la strada che ai tempi avevo intrapreso, oggi aggiornata con l’uso del computer per disporre di segni e colori in modo nuovo. Dopo la pittura ho usato anche la fotografia e la uso tuttora, da questa parto per costruire le immagini e fare manipolazioni eccetera… però io mi considero ancora pittore…insomma

Si…era una provocazione…che comunque può prendere anche la tecnica… c’è questo mixaggio… Nei tempi in cui il computer non c’era, dobbiamo dirlo questo, lei lavorava su immagini raccolte e poi comunque faceva interventi pittorici ma non esisteva ancora la possibilità di mixaggio che offre il computer oggi

Vengo da un retroterra… inizialmente facevo pittura ad olio, poi sono passato agli acrilici e poi … Ma la mia è una storia un po’ particolare, io nel ’68 ho smesso di pitturare, lavoravo in fabbrica e mi sono dedicato all’attività sindacale e politica. Ho ripreso poi a pitturare un anno prima d’andare in pensione, nell’89, e diversamente dalla prima fase, chiamiamola così, ho cominciato ad impiegare mezzi meccanici… ho usato molto, per anni, la fotocopiatrice … come esigenza per ampliare piccole immagini che costruivo… su cui lavorarci sopra utilizzando matite e pastelli. Quindi la fotografia, usata anche come base per sviluppare le fotocopie su cui intervenivo… e poi, questa è l’ultima fase…dal 2001, l’uso del computer che mi è diventato congeniale per fare le recenti ricerche….

é una fase eccellente…. cose come la "Torre del tempo" sono delle opere veramente eccezionali….

la ringrazio…

senta…le volevo chiedere, cos’è che la spinge a gridare

mi scusi… la domanda ?

cos’è che la fa gridare nella testa

sono molte cose…. la situazione che stiamo vivendo…

la questione sociale ?

si….in genere…. tutto…. ho proprio l’impressione che il nostro tempo non solo ha perso la coscienza del mondo come totalità dei fatti, ma ne ha perso persino la nostalgia e il ricordo….. sono crollate certezze e utopie, non si riesce ad immaginare il futuro in un mondo sempre più complesso, ognuno si chiude nella ricerca di proprie soddisfazioni, quando può ovviamente….

quindi, per quale motivo secondo lei sono crollate queste ideologie …. cioè… dagli anni 80 c’è stato un appiattimento di qualsiasi potenzialità creativa, innovativa, eccetera …se non qualche scheggia impazzita…

bisognerebbe fare un’analisi lunghissima …..

ma lei ha fatto il sindacalista

è vero … quando si cominciavano i documenti che iniziavano sempre con " la situazione è caratterizzata da…" , allora ci si sforzava molto per cercare di capire un mondo…. che aveva comunque una chiave di lettura facilitata da studiosi, quali Marx ed altri, che permettevano di comprendere la realtà come si sviluppava. E’ chiaro che la caduta di rigide ideologie di per sé, se vogliamo, può anche essere positiva…

però… diverso è il discorso per l’utopia…. mi secca molto che sia caduta in ogni parte, è l’utopia che permette di recuperare ed adeguare il progetto attraverso cui ti muovi…. oggi annaspiamo e non si capisce dove si va… bisogna che qualcuno lanci proposte, progetti che ci portino lontano…anche se utopici, appunto

senta… anche nell’arte sta avvenendo ……mentre nell’800 l’espressionismo, il dadaismo poi, Picasso con Guernica… pure nell’arte ci siamo appiattiti, forse anche molto prima … in Italia c’è stato per ultimo come movimento forse il futurismo, che poi non è stato inventato in Italia, che è stato totalmente diverso dal futurismo russo e il nostro è diventato politico, di appiattimento… poi mentre nel resto del mondo c’era ancora qualcosa qui avevamo Guttuso, che era un po’ pittore di partito e per fortuna che negli anni 70 abbiamo fatto delle belle cose come l’Arte povera, la scuola romana….però oggi niente, come mai ?

questo non è semplice spiegarlo …. se non facendo riferimento a tipi di evoluzione/involuzione che sono avvenuti nel mondo. Oggi ci troviamo di fronte a una realtà che ha visto sostituite molte cose. Il sistema dei media ha ormai sostituito la politica, tutto diventa istantaneo…. prevalgono azioni e reazioni immediate ed emotive. La politica fatta una volta, che aiutava anche in questo, poggiava su lingua e scrittura e in essa era compreso il tempo della riflessione, che oggi invece va scomparendo. In questo senso l’arte deve ritornare ad essere coscienza del disagio …. però è necessario riscoprire l’utopia, che è la chiave per modificare il mondo standoci dentro e una speranza per poter risolvere i problemi dell’umanità. Anche l’arte di riflesso vive necessariamente le scompaginazioni intervenute in questi rapporti modificati nell’ambito del mondo e nel rapporto fra politica e società….e via dicendo

cosa sta leggendo ultimamente, Martinazzi

sto leggendo un testo trovato recentemente di scritti di e su Paul Klee…. in precedenza ho letto testi di J.Rifkin …. sono interessato ai saggi …. all’approfondimento

quali sono i pittori che ama, che ammira e che pensa di aver colto qualcosa da loro…

ovviamente Paul Klee…. perché mi è chiaro che ho avuto una folgorazione quando ho visto le prime opere e poi quando in seguito ho letto i suoi scritti… da "Teoria della forma e della figurazione" ad altri che compravo man mano che uscivano, quel suo considerarsi illustratore di idee mi aveva colpito molto…. come pure quando diceva che "l’arte deve aprire alla visione e non al veduto"…. queste cose mi hanno portato a scoprire quello che intendeva dire, che ci sono molte cose che non si possono vedere ma che sono egualmente esistenti, e bisogna essere in grado di tirarle fuori… cose che non si sentono ma che si possono far udire…. poi Novelli, in Italia…poi penso a Julius Bissier, di cui ho visto una bellissima mostra a Milano negli anni 60 e rivisto in un’altra a Lugano…. Hundertwasser anche, l’austriaco…. Greenaway …il regista, che fra l’altro è un ottimo pittore, stupendi alcuni suoi lavori

come si fa ad aprire gli occhi ai non vedenti, con l’arte

beh.. ai non vedenti puoi soltanto con l’arte musicale…. con l’arte…

no…non ai non vedenti fisici, a quelli che non sanno vedere…. parlavo proprio alla Klee, se vuole…. che poi è il problema delle avanguardie….

e non è stato risolto nemmeno da loro, nel senso che non è stato d’aiuto il tentativo di supportare con lo scritto, con frasi, la visione realizzata con forme, segni e colori. Alcune volte è utile, però dev’essere integrata all’interno della costruzione dell’opera, non a supporto di una spiegazione…..non saprei… se non facendo in modo che l’opera faccia pensare. Mi ha colpito molto la frase di uno che mi ha detto " non me ne intendo, non sono mai stato in alcuna galleria, ma quest’opera mi fa pensare" …. ecco…. io credo che forse è il risultato migliore che possa aversi…. vieni attratto, c’è qualcosa che ti lega, che ti avvince, si stabilisce un rapporto e questo può avvenire con una o poche opere, può avvenire con alcune persone…. dipende anche forse dalla disponibilità ….

senta… lei ha detto che è stato un sindacalista…. questa cosa mi fa pensare sempre…. i sindacati con le avanguardie però…. anche con quelle politiche, voglio dire…. si sono sempre richiamati alla classicità ….

nel ’68 ho dovuto sospendere la mia attività pittorica perché mi sono buttato nel campo dell’attività e sindacale e politica, le due cose non riuscivo a farle coesistere….

e certo

e il problema mi si è posto anche dopo, quando sono andato in pensione e mi son detto : guardiamo se con la pittura posso mantenere comunque un rapporto che leghi anche gli aspetti sociali della realtà nel campo artistico…. e non sono riuscito…. per cui ho continuato a lavorare sull’immagine senza pormi altri fini …. tranne alcune cose che sono venute fuori…. mi viene in mente un ciclo di opere, pastelli fatti nel ’95…. mi aveva sconvolto il fatto della Yugoslavia che si dissolveva in quella guerra fratricida…. mi aveva colpito il monte Igman, vicino a Serajevo, da cui si sparava sulla città ….e avevo titolato Igman un ciclo di opere, una quarantina di pastelli che ho fatto … in quel caso era una sorta di sofferenza che dovevo esternare attraverso la costruzione di immagini…

le volevo chiedere : l’artista ha bisogno del critico o il critico ha bisogno dell’artista ?

l’artista che vuole arrivare al successo ha bisogno del critico e del gallerista per entrare nel mercato e per affermarsi …. io non ne sento il bisogno…. ma credo che ogni artista abbia necessità di un riscontro critico del lavoro che fa…

parliamo seriamente …però

parlo seriamente pensando non a una committenza richiesta a grandi nomi … ma a quello che Argan definiva il critico militante…

ma quello è uno storico, attenzione a non fare errori … lo storico faceva questo lavoro….

si… ma però lui faceva riferimento a quelli che scrivono su giornali e settimanali,come ha fatto lui stesso….

ricordo che negli anni ’70 lui stendeva recensioni e saggi critici sull’espresso…. erano sempre riflessioni originali e stimolanti….

e certo …. a me Argan non è che mi è sempre piaciuto molto…. anche perché dovevo studiarlo per forza facendo la scuola d’arte…. e lo trovavo un po’ pedante… anche perché era arzigogolato… non andava dritto alle problematiche ….. però….adesso che ho 45 anni posso dire tranquillamente che ce ne vorrebbero di Argan in circolazione…. perché comunque andava a spulciare tutto…. lo storico dell’arte fa questa operazione: si muove alla ricerca dell’arte…la scova in qualche modo,la trova, e in quel caso può trovare un Martinazzi, può trovare un Rossi, un Giacobini….. Ricordiamoci la Guggenheim quello che faceva, che non era una storica dell’arte, ma una persona…una mecenate di grandissima qualità…. oggi abbiamo i critici che hanno la loro scuderia… il loro mercato…

per quello che citavo un particolare tipo di critica…. come si fa a verificare il lavoro fatto ?….ci sono segreti e misteri nel mio lavoro che io stesso non capisco, né cerco di capire…. ad un certo punto però ho bisogno di sapere da altri…la validità delle mie opere

ma quella è critica, un’ altra cosa… non è il critico….

è del vaglio critico, appunto, di cui sento il bisogno … un apporto che può divenire prezioso per i successivi lavori…

ma parlando seriamente però … poi … la realtà è che cé il mercato che sconquassa tutto e non s’interessa di nulla. Senta, volevo chiederle….. mi racconti un momento migliore che ha avuto con la pittura e uno che invece ricorda con rancore, con rabbia

è una domanda veramente insolita…. mi vien di getto di pensare a qualche occasione espositiva, ma questa è spesso vissuta con sofferenza, per la necessità di essere presente alle inaugurazioni…. i momenti migliori nella pittura li ho invece nel momento in cui lavoro, nel momento costruttivo-elaborativo di un’opera, anche se a volte passo momenti di sofferenza, di crisi, ma dove posso trovare momenti esaltanti e di compiacimento nei risultati, che non sempre sono voluti…determinati da scelte . In questo caso posso parlare di momenti migliori.

peggiori invece…..

non me ne vengono in mente,ora …. tranne quelli sempre presenti nell’aspetto lavorativo…. l’inquietudine negativa….

sono comunque attinenti alla progettualità e alla creazione ….

fanno parte di quell’alternarsi….

sono quei momenti difficili che prova anche il muratore quando deve fare un muro per costruire la casa……

spesso è una grande soddisfazione …. chi di noi sa fare una casa, nessuno …così come pochi sanno fare i quadri. Un’ultima domanda poi chiudiamo. Volevo sapere che cosa pensa di lasciare alle nuove generazioni attraverso le sue opere

ma… io non mi propongo assolutamente con i miei lavori di lasciare messaggi……

ma le opere ci sono…date tutti questa risposta… ma le opere ci sono… allora diciamo così : arriva sua nipote, guarda le opere…secondo lei cosa ne trae ?

credo di poter dire che aprano un pò… che servano ad aprire il livello di coscienza, che aiutino a vedere il mondo in termini diversi, a vedere le cose e le persone in termini diversi …. può derivare questo dalla suggestione… io ho provato suggestioni fortissime di fronte ad alcune opere… mi fermavo un ora ad osservarle, alcune volte… però tanto sconvolgevano… nel senso che modificavano il modo di pensare e quindi il rapporto con gli altri…. a me è successo…. quindi vorrei che succedesse anche ad altri, magari appunto con le mie opere

abbiamo bisogno della diversità ?

la diversità in che senso…..nella società intende ?

si

credo di si…se ci riferiamo ai diversi nella società dev’essere assolutamente vista come occasione di crescita e di arricchimento…. quindi ne abbiamo bisogno

quindi è oggettivo…cioè la diversità c’è, esiste …e in questo mondo omologato non pensiamo che invece…..

no … esiste, ed è auspicabile anche che aumenti l’integrazione, che la diversità venga colta come un qualcosa di eguale a noi, non più riconosciuta come diversità ma riconosciuta in quanto essere uguale a noi

io la ringrazio …per la sua intelligenza…. per la sua bravura e per quello che ci da attraverso le sue opere.