Allora
parliamo con Paola Zampa, artista che ha partecipato a
questo che noi non vogliamo neanche definire concorso.
E un modo per cercarvi, per farvi uscire fuori dal
guscio, di presentarvi in rete, di farvi vedere che
internet ha delle potenzialità. Installatrice, pittrice,
scultrice un po di tutto nellarte di Paola
Zampa. Però, soprattutto, un po di tristezza, un
po di pessimismo. Come nasce larte di Paola
Zampa? Io ho sempre cercato di esprimere quello che mi passava per la testa. In tutti i modi possibili, scrivendo, disegnando, assemblando cose. Ultimamente sì, cè del pessimismo perché le ultime opere che ho fatto e quelle che vi ho mandato scaturiscono da vicende di vita tristi che larte mi ha permesso di superare. Sono convinta che larte rappresenti la possibilità di guardare quello che succede nel mondo, e che altrimenti sarebbe inguardabile, dandogli ordine e restituendogli una sorta di disegno ordinato, esteticamente plausibile che lartista controlla e che quindi può accettare. Vicende di vita un po complicate, un po tristi mi hanno costretta a guardare alla mia fisicità che era stata messa in gioco, in pericolo e che io ho cercato in qualche modo di ricostruire attraverso appunto luso dellarte. Allora continuiamo a parlare delle sue opere. Cè un tema fisso che lei ci ha inviato: Venere e sirene, insomma la donna. Per quale motivo? La nascita di Venere. Non solo quella, ce ne sono molte dedicate a Venere. Questo tema della nascita di Venere mi interessa molto. Io considero la nascita di Venere il mettere insieme tanti piccoli pezzi sparsi delluniverso per creare un qualche cosa che sia coerente e bello. Immagino la creazione come non tanto come lopera di un uomo illuminato, qualche cosa tipo "in principio era il verbo" cioè un principio razionale, ma come lopera di un utero impazzito che butta là, come viene, quello che viene e che in qualche modo poi si deve cercare di riorganizzare in un qualcosa di organico. Penso alla nascita di Venere - unopera che ho in testa da tanto e che non so quando, se e come realizzerò completamente - come il mettere insieme questi pezzi, questi frammenti che escono fuori da una specie di melma primordiale, si organizzano in un corpo esteticamente perfetto, quello di Venere. Quindi la nascita di Venere come la nascita di unorganizzazione attraverso il recupero di tanti frammenti. Penso che lartista possa testimoniare o meglio, io con il mio lavoro testimonio lesistenza di questi frammenti nascosti nel mondo, belli in sé ma che assommati possono arrivare a costruire un equilibrio e una frase esteticamente plausibile. Senta Barbies? Dedicati a Barbies ma anche la Madonna di Lourdes. Cè comunque questa immagine della Madonna, perché? Non è tanto unimmagine della Madonna quanto limmagine di una particolare statuina della Madonna che persone della mia età conoscono molto bene: quelle bottigliette di plastica con dentro lacqua santa che abbiamo visto tante volte sui nostri comodini soprattutto quando, bambini, eravamo malati. Ho ritrovato, di nuovo il tema di ritrovare frammenti: raccolgo le cose. Avevo ritrovato una Barbie, una vera e propria Barbie, e ho ritrovato in casa delle mie prozie defunte queste statuine della Madonna e ho pensato che in fin dei conti fossero delle Barbie pure quelle. Un po meno profane un po più sacre ma sempre degli oggetti con cui giocare, immagini della donna nelle quali identificarsi. Nessuna differenza, in fondo, tra la Barbie di plastica, signorina un po assessuata ma molto bella, e questa Barbie sacra: giocattoli. Da una donna critica, comunque, al corpo femminile. Perché esclude sempre quello maschile? Perché ho a che fare con il mio, perché è quello da cui parto, che cerco di conoscere. Non ricordo se tra le immagini che vi ho mandato ci sono fotografie fatte con delle piccole Polaroid accorpate insieme. Forse non le ho mandate perché sono opere troppo personali. Ecco, quelle, per esempio, sono opere che ho composto scattando piccole Polaroid a pezzi del mio corpo e poi ricomponendole insieme. Cerco di conoscere come sono fatta io. Penso che la mia fisicità sia il modo in cui mi avvicino alle cose perché conosciamo le cose quando conosciamo noi stessi e nel modo in cui conosciamo noi stessi. Quindi continuo a vedere nelluniverso pezzi del mio corpo che, forse per educazione, forse perché una cultura imperante non certo amante delle donne lo impone, non ho mai molto amato, non ho mai molto capito e cerco allora di recuperarli, anche al di là della repulsione che certe parti del corpo possono ispirare. Quello delluomo per il momento non mi interessa. torniamo invece a parlare di arte in generale. Larte è arrivata alla Video Art cioè giunta a un capolinea che ormai non riesce comunque a scavalcare da parecchi di anni.Qual è la crisi dellarte? Ma io non credo che ci sia una crisi dellarte, non lo credo assolutamente. Penso che ci siano tanti modi, tanti sistemi che cambiano in continuazione, ci sono riprese di vecchi sistemi, ci sono nuovi sistemi. Penso sempre a un personaggio come Raffaello: se avesse a disposizione il video, il computer, li avrebbe usati sicuramente non si sarebbe certo tirato indietro. Nessun artista si è mai tirato indietro di fronte alle proposte della tecnologia. Non è importante il mezzo. Lei ha parlato di Raffaello, mi parli dei grandi che comunque lhanno influenza o colpita personalmente. E un discorso difficile. Ho una vita divisa in due: sono un docente universitario di storia dellarchitettura e mi occupo soprattutto del Rinascimento e delle opere architettoniche del primo Cinquecento romano. Poi ho la vita di artista, che cerca di prescindere dal modo di avvicinarsi alla storia dellarchitettura degli storici. Cerco di fare una vera e propria separazione però sicuramente larte antica mi ha impressionata. Soprattutto quella che proponeva modelli estetici perfetti: non a caso, nelle mie radiografie, molto spesso adopero le immagini dellarte del quattro, cinque, seicento, sovrapponendola agli scheletri proprio perché penso che larte abbia sempre cercato di costruire un esorcismo nei confronti della realtà, della sua corruttibilità, costruendo immagini meravigliose e permettendoci, come dicevo prima, di guardare linguardabile Se prendiamo, per esempio, il San Sebastiano, penso per esempio a quello di Antonello da Messina, nessuno guardandolo pensa di vedere un uomo torturato come invece avviene guardando le fotografie delle contemporanee torture fatte nelle carceri di Abugraib. Eppure quello è un uomo torturato. Ma chi guardando quel quadro pensa a questo? Pensa invece a un bellissimo giovane, alla colonna a cui è incatenato e quindi al contatto tra larchitettura antica e i suoi riferimenti antropomorfi, al bellissimo corpo. Non pensa alla vicenda tragica, terribile, che si sta consumando, non guarda le frecce conficcate nella carne. Allora per me ecco, realizzare un corto circuito tra lidea di unarte capace di denunciare il male, la parte oscura del mondo, e questarte che si fa guardare per la perfezione estetica mi sembrava un fatto importante. Che potesse sottolineare come larte permetta di guardare quello che altrimenti non guarderemmo, quello da cui rifuggiremmo istintivamente. tornando alla crisi dellarte. Possiamo dire che quando cè un ritorno al neorealismo, al neoclassicismo, seppur disegnato e disposto con metodi diversi, cè una crisi nellandare avanti. Laltra crisi che si nota nellarte consiste nel fatto che si è distaccata completamente dal sistema sociale. Lei ha fatto dei quadri, delle opere, intitolate anche Tsunami, dimostrando invece di voler rimanere collegata con il contemporaneo che comunque ci investe, ci rende responsabili e ci impone a guardare oltre il nostro perimetro personale. Però questo non cè nellarte contemporanea.Tutto questo viene a mancare. Per quale motivo secondo lei? Ma io credo che sia vero solo in parte. Molta dellarte contemporanea mi sembra orientata a guardare quanto sta accadendo, a guardarsi intorno, a pescare dal mondo reale. Forse non è tutta denuncia, però quello che si fa adesso è comunque, ci piaccia o no, contemporaneo e quindi in qualche modo parla di quello sta succedendo anche se, da un certo punto di vista, potrebbe non sembrare. Sì, certe forme di arte sembrano rifluire verso il passato ma non è comunque un ritorno al passato: è un modo di guardare al passato con occhi nuovi. Per quanto mi riguarda, tutte le mattine pesco in rete immagini di quello che succede, colpita soprattutto da quello che non riesco a guardare. Sto preparando un ciclo di opere che si chiamerà "Gli innocenti del mondo" e che riguarderà le sevizie, torture, cattiverie nei confronti degli animali cercando così di testimoniare anche questo. Pensate a quello che è successo con linfluenza aviaria: ci sono fotografie che hanno quasi del grottesco e del ridicolo, di uomini in tuta che sembrano dover affrontare chissà quale pericolo atomico e cè lhanno invece con un povero anatroccolo che non ha fatto del male a nessuno. Ci sono fotografie molto interessanti di gente che se la prende con gli animali perché probabilmente in quel momento è troppo grave pensare ad altre cose e allora si sevizia, si tortura, si fa del male inutilmente. Poi tutto passa in cavalleria ma restano le immagini e io di quelle immagini mi voglio servire perché questo si ricordi. Torno a dire: per me è una sofferenza guardare il mondo ogni giorno perché pessimisticamente non lo trovo un granché, mi sembra mal riuscito e lunico modo che ho per guardarlo è restituire attraverso limmagine bella, piacevole, ordinata quello che invece non è piacevole raccontare. Siamo responsabili tutti di questa situazione a livello mondiale. Direi di sì. Tornando ancora a parlare di quello che lei fa, volevo sapere, lartista ha bisogno dei critici? Lartista ha bisogno di un confronto: nel momento in cui si racconta bisogna che ci sia qualcuno che ascolti altrimenti si impazzisce. E devono essere i critici? Deve essere chiunque sia disposto ad ascoltare I critici sì, possono essere importanti. Lho già dett, io sono divisa in due faccio anche quel tipo di lavoro. Però per me fare critica è semplicemente cercare di capire non tanto di giudicare, cercare di ascoltare cosa si sta cercando di dire. Cè chi lo sa dire meglio e chi lo sa dire peggio, questo è vero, però quando qualcuno ha bisogno di raccontare, cè bisogno di qualcuno che lo ascolti e che magari aiuti anche chi sta raccontando, a capire di cosa sta parlando. Larte e il commercio. Come la vediamo? Perché comunque diciamo che, fino alla metà del Novecento, i critici e le gallerie compivano insieme un lavoro eccezionale che era quello di scoprire chi non solo aveva talento ma aveva comunque gran desiderio di comunicare e sapeva farlo in modo personale: Guggenheim tutto il periodo francese ecc. Adesso sembra inversa la situazione: cioè per avere uno spazio, per avere una critica gli artisti sono costretti a pagare. Quindi larte e il commercio come si abbinano? Lei parla con una persona assolutamente sprovvista, da questo punto di vista, di capacità. Io non ho mai pagato per fare quello faccio per il semplice fatto che, per fortuna, non ne ho bisogno avendo un altro lavoro. Questo mi dà una grandissima libertà anche se, in certi ambienti, mi ha tolto anche parte della credibilità: cè chi pensa ancora che lartista debba fare solo lartista, magari fare la fame e dipendere da tutta una serie di meccanismi per poter essere tale. Io, invece, considero la mia libertà di fare, anche da un punto di vista economico, fondamentale per fare quello che faccio. Detto questo io non ho mai pagato nessuno. Anche se poi cè la perdita di tempo, a prescindere il fatto che lei fa un lavoro che le piace sicuramente. Sì, ma la perdita di tempo è relativa. Bisogna starci con la testa sulle cose e non perdere mai di vista certi pensieri. Mi è capitato di avere periodi completamente liberi, nei quali non concludevo niente, e periodi iper occupati nei quali le idee mi venivano e concludevo molto di più. No, non credo che sia molto importante, per lo meno per me non funziona così. Per me unidea è nella testa e quando è pronta impiego poco tempo a realizzarla anche se a volte si tratta di lavori molto complessi.Che le devo dire, da una parte cè il sogno di ogni artista di essere scoperto e coperto di soldi: quanto ci piacerebbe che qualcuno si occupasse della parte economica e ci facesse diventare ricchi e non si dovesse più pensare a niente. Questo sogno evidentemente cè, quindi se cè qualche critico, qualche collezionista che ascolta e si vuole prendere cura di me, io sono contenta.Detto questo, sì adesso probabilmente cè un sistema dellarte abbastanza difficile, chiuso. Mi ha sempre impressionata il fatto che artisti giovanissimi arrivino al museo prima ancora di essere passati per le gallerie private, per lamatore, per il collezionista, è come se si creasse un nome e dopo, su questo nome, si creasse la collezioneSe non sbaglio era Andy Warhol che diceva che si finirà con lappendere al muro non più i quadri ma i libretti di assegni per dimostrare di essere in grado di comperare unarte che è status symbol.Ho limpressione che ci sia anche questo tipo di operazione, la creazione, diciamo così, di oggetti o personaggi di cui non si può fare a meno dopodiché il collezionista, guidato da questo, compra. Difficile trovare la persona che compri per il piacere di comprare. Io lo regalerei un quadro a una persona se quella persona lo amasse veramente: è difficile dare un prezzo a un quadro, un quadro vale niente e vale tutto, è un pezzo della tua vita. Come fai a dargli un prezzo? Allora diciamo che il sistema dellarte mercantile serve anche a questo: da intermediario tra te, che non sapresti come dare un prezzo a quello che stai facendo, e un mercato conosciuto da chi è del mestiere. Questo è un lavoro giusto e importante, secondo me. Quando diventa ipertrofico, come tutte le cose ipertrofiche non funziona più. Non riesco a capire il passaggio. Perché bisogna dare un prezzo alle opere comunque? Beh, magari perché uno vive di quello. Sì, perché comunque questo è un sistema in cui comunque tutto ha un valore in denaro. Beh si metta nei panni di un artista a cui a un certo punto qualcuno dice: mi piace questo quadro quanto costa? Una minestra per Ligabue, per Van Gogh un po di patate e poi, voglio dire, oggi sono esponenti massimi. Diciamo che tra il piatto di patate e i miliardi esistono forse delle oneste vie di mezzo che andrebbero gestite da un onesto sistema di mercato. Che comunque manca in questa disonesta società. Secondo me manca proprio perché ci sono queste condizioni ipertrofiche che danno a pochissimi e negano a molti che magari, invece, hanno valore e, incoraggiati dalla possibilità di poter in qualche modo vedere anche riconosciuto, perché questo è importante, il proprio lavoro, potrebbero andare avanti bene e crescere. Concludiamo questa intervista interessante con Paola Zampa. Dei suoi lavori ci ha già parlato e ci ha detto quali saranno i prossimi, ma la mia domanda, a questo punto, scaturisce dalle sue opere: qual è la miscela per diventare più positivi? Positivi in che senso? D. Nellesprimere le proprie opere, cosa serve? Non capisco che cosa si intenda per positivi. Positivi: vedere il mondo in termini positivi, dare un segno positivo allinterno delle proprie opere. Che cosa serve in questo periodo a lei, non dico agli altri. A me? Qui come domanda casca male: come lei ha ben capito dai miei lavori, di grande così fiducia nel mondo, negli uomini e nel futuro non ne ho tantissima. Spero soltanto che larte possa aiutare, possa aiutare a dare una piccola testimonianza, uno spunto di riflessione: riflettere fa sempre bene in un mondo in cui non si riflette. Di positivo vedo soltanto questo: la possibilità di continuare a dire: guardate, guardate che cosa sta succedendo ma guardatelo bene, cercate di capire. |