DA - LA REPUBBLICA ci ricordate la famosa frase -
RESISTERE ! RESISTERE ! RESISTERE ! di BORRELLI - quel
giorno.... per difendere la BOCCASSINI senza scorta ?
.... la ILDA - quella bellissima donna dalla capigliatura
ROSSA - che e' in prima linea nel processo contro
BERLUSCONI E PREVITI ? - ebbene ... quella famosa
frase... non e' stata dimenticata !
In tutte le sedi i magistrati protestano con la Carta
fondamentale
Girotondi in molte città. Caselli: "Il Potere
contro i magistrati"
I giudici con la
Costituzione
"Riforme, non stravolgimenti"
La relazione a Roma: "Giustizia malato
terminale"
ROMA - Inaugurazioni di anno giudiziario
all'insegna della "protesta della Costituzione"
dei magistrati - moltissimi hanno varcato le sedi con la
Carta fondamentale in mano, per contestare le riforme
della giustizia annunciate dal governo - e della
parallela "protesta dei Girotondi", che ha
coinvolto le principali città. E anche molti dei
procuratori generali hanno sottolineato, nella loro
relazione, il "no" alla separazione delle
carriere. Ma forse l'allarme più grave è quello
lanciato dall'avvocato generale della Corte d'appello di
Roma ha definito la giustizia italiana "un malato in
fase terminale". Mentre, da Milano, il Guardasigilli
Roberto Castelli ha dichiarato che, al di là delle
differenze, ciò che unisce tutte le parti in causa
"è il giuramento alla Costituzione". Invitando
poi i giudici a "non arroccarsi".
Roma. Carmelo Renato Calderone, avvocato
generale presso la Corte d'appello di Roma (la carica di
procuratore generale è vacante), ha detto che nonostante
"sussulti di vitalità" la giustizia è
ripiombata "nel guado delle spaventose pendenze,
delle attese snervanti e deludenti delle
prescrizioni". Per questo è un "malato
terminale". Perplessità sul ridimensionamento del
falso in bilancio, con citazione di una frase di George
Bush: "E' per il capitalismo quello che il
terrorismo è per la democrazia". Molti dei
girotondini sono entrati nell'aula, poi però, quando
doveva parlare il sottosegretario alla Giustizia Jole
Santelli, l'hanno abbandonata. "Armati" di
Costituzione anche alcuni avvocati.
Milano. Oltre a Castelli e al vicepresidente del
Csm Virginio Rognoni, ci sono Francesco Saverio Borrelli
e Antonio Di Pietro. Il nuovo pg Mario Blandini - pur
dicendo di non voler esprimere un'opinione personale, per
non essere etichettato politicamente - ha commentato
così le ultime polemiche: "A chi intenda sostenere
la tesi più radicale, al fine di una più compiuta
affermazione del rito accusatorio, suggerirei di fare una
ricognizione di tutti i postulati sui quali dovrebbe
poggiare un processo autenticamente accusatorio, per
verificare se la cultura giuridica italiana sia disposta
a farli propri". C'è stato anche un battibecco tra
girotondini e fan leghisti di Castelli.
Torino. Le riforme del governo sembrano
"pensate con riferimento alla giustizia che preme
agli imputati che possono e che contano". Lo ha
detto il procuratore generale Gian Carlo Caselli, citando
una contrapposizione storica fra "il potere" e
la magistratura (con il primo che cerca di
"ridimensionare" la seconda. Caselli ha parlato
di "magistrati disarmati ma sempre più spesso
indicati a torto come unici responsabili dello sfascio
della giustizia". Espressa anche solidarietà agli
operai Fiat.
Napoli. Assenti gli avvocati, che hanno deciso di
non partecipare alla giornata, anche i magistrati hanno
finito per lasciare l'aula in concomitanza con
l'intervento del rappresentante di Castelli, Rosario
Priore, capo del dipartimento Affari minorili del
Ministero. Alcuni di loro hanno esposto scritte
anti-governo. La relazione del pg Vincenzo Galgano -
applaudito da alcuni come "il nuovo Borelli" -
è stata durissima: "Non si può concepire una
riforma finalizzata non alla realizzazione dei valori
costituzionalmente sanciti, ma fatta sotto la spinta di
esigenze contingenti e personalistiche".
Palermo. Torna il pericolo di una nuova stagione
di stragi e di attacchi di Cosa nostra agli uomini delle
istituzioni: l'allarme è lanciato dal procuratore
generale Salvatore Celesti, che ha ripreso le rivelazioni
del pentito Antonino Giuffrè. Dopo aver sottolineato che
per Giuffré il termine di sei mesi (stabilito per le
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia) è
insufficiente, il Pg ha ricordato che "il controllo
degli appalti è sempre di più in mano a Cosa
nostra".
Firenze. Ci sono anche il segretario Ds Piero
Fassino e Pancho Pardo con altri girotondini (e un
cartello con lo slogan "Resistere"). Nella
relazione, il procuratore generale Gaetano Ruello ha
detto che "in un Paese come il nostro, che non
brilla per cultura della legalità e che è minacciato da
almeno cinque mafie, indebolire il pubblico ministero
sarebbe vero e proprio autolesionismo".
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DA - LA REPUBBLICA
Il ministro della Giustizia all'apertura dell'anno
giudiziario a Milano
"La Costituzione ci unisce, la società chiede alla
giustizia di cambiare"
Castelli ai magistrati
"Non arroccatevi"
Formigoni: "Un discorso equilibrato ed
ottimo"
Violante: "Ho visto un ministro isolato"
MILANO - Brandita da una parte come simbolo
contro le riforme del governo e brandita dall'altra parte
come simbolo di unità: la Costituzione gioca un ruolo
fondamentale oggi, all'apertura dell'anno giudiziario. I
giudici di tutta Italia protestano con la carta
fondamentale in mano, il ministro della Giustizia Roberto
Castelli fa ruotare tutto il su intervento intorno alla
"legge delle leggi". Castelli parla da Milano,
procura di trincea e bersaglio privilegiato del
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. L'ambiente
oggi è caldo più che in altri palazzi di Giustizia
italiani. Al punto che fuori dall'aula, dove è stato
allestito un maxischermo, alcuni esponenti del movimento
dei Girotondi hanno avuto battibecchi con un gruppo di
leghisti che applaudivano il ministro.
Ma Castelli fa di tutto per essere diplomatico, almeno
all'inizio del suo intervento: "Ciò che ci unisce
certamente tutti al di là di ogni considerazione, è un
giuramento, fatto solennemente all'atto dell'assunzione
del nostro impegno, di fedeltà alla Repubblica e alle
leggi dello Stato e in primis la legge delle leggi,
ovvero la Costituzione" che, dice, rappresenta il
riferimento oggettivo fondamentale che serve "a
unire e non già a dividere le istituzioni".
Quindi, l'appello di Castelli "a tutti e
soprattutto a quei magistrati che vogliono accettare la
sfida della postmodernità a non arroccarsi a difese
dell'esistente". "La giustizia - aggiunge -
esige riforme: la società chiede alla giustizia di
cambiare. Sta a noi opporre indifferenza e resistenza
oppure dimostrare volontà e capacità di
rinnovamento".
Per rafforzare il discorso, il Guardasigilli sfodera un
sondaggio sulla sfiducia dei cittadini nei confronti
della giustizia. "Nel nostro Paese il pendolo della
storia ha oscillato da una parte o dall'altra creando un
vulnus spesso non ingiustificato, di fiducia nelle
istituzioni. Ad esempio alle istituzioni politiche nel
passato decennio è, secondo quanto dicono tutte le
indagini demoscopiche, in quello giudiziario all'inizio
di questo".
Sulle carceri, Castelli, dopo aver sottolineato che sono
stati raggiunti importanti risultati, ha ripetuto che la
decisione sull'eventuale provvedimento di clemenza
"è di esclusiva competenza del Parlamento".
Il ministro ha anche detto che il governo "molto ha
fatto in termini di impegni e di azioni concrete sulla
giustizia", raggiungendo "notevoli
traguardi". Il Guardasigilli ha citato, in
particolare, la riforma del diritto societario,
"attesa da 60 anni e tante volte sollecitata dalle
istituzioni economiche del Paese"; le nuove
normative per il contrasto al terrorismo internazionale
"che hanno consentito agli inquirenti del nostro
paese risultati importanti e apprezzati a livello
mondiale"; la definitiva applicazione dell'articolo
41 bis e la riforma del Csm che, secondo quelle che erano
le intenzioni del governo "appare oggi
particolarmente attivo, efficiente e dinamico".
Assai soddisfatto dei toni e dei contenuti del discorso
del ministro il presidente della regione Lombardia
Roberto Formigoni, che parla di un intervento
"equilibrato ed ottimo". Molto meno soddisfatto
l'ex procuratore capo Gerardo D'Ambrosio, che definisce
le parole di Castelli "vaghe" e dice per questo
di non poter esprimere un giudizio.
Giudizio che invece arriva da Antonio Di Pietro, ed è
durissimo: "Il ministro ci ha descritto un Paese
diverso da quello in cui viviamo, un paese delle fiabe,
dove tutto funziona, tutto va bene e a gonfie vele, ma a
favore di chi?". Per Di Pietro, insomma, Castelli
"ha raccontato l'opposto di quello che si vede tutti
i giorni, ossia una giustizia ingessata dai tempi lunghi,
dalla mancanza di risorse, di mezzi e di strumenti".
Per il capogruppo diessino alla Camera Luciano Violante,
infine, Castelli è un ministro della Giustizia
"isolato", tanto sul piano della magistratura
che su quello dell'avvocatura. Per Violante oggi il
Guardasigilli "non ha detto nulla di
convincente", piuttosto per l'esponente della
Quercia è preoccupante il cambiamento della frase
"La legge e' uguale per tutti" con "La
giustizia e' amministrata in nome del popolo".
Secondo l'ex presidente della Camera, infatti, entrambe
"Sono frasi fondate, ma il punto di fondo è che,
ormai, con questa maggioranza, la legge non è più
uguale per tutti".
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DA - LA REPUBBLICA
SCHEDA
Ecco le malattie
del "pianeta giustizia"
ROMA - La carenza di magistrati e di personale
amministrativo in numerosi distretti giudiziari; la
necessità di andare avanti con le riforme ma senza
mettere in discussione, come aveva detto lunedì scorso
il pg della Cassazione Favara, l'indipendenza e
l'autonomia della magistratura. Sono questi i due
punti-cardine dell'emergenza giustizia nelle relazioni
dei procuratori generali in occasione dell'inaugurazione
dell'anno giudiziario nei 26 distretti di Corte di
appello. Ecco nel dettaglio i passaggi più significativi
delle relazioni nelle diverse sedi giudiziarie.
MILANO. Mario Blandini chiede al ministro della
Giustizia una più equa distribuzione delle risorse.
Sulla separazione delle carriere dei magistrati, il
procuratore non esprime un'opinione personale perché -
spiega - non vuole correre il rischio di essere
etichettato politicamente. Allarmante l'aumento di
omicidi colposi provocati da infortuni di lavoro.
TORINO. Duro il discorso del procuratore Giancarlo
Caselli: "Il potere è contro la magistratura".
Per Caselli il sistema giustizia è in difficoltà, ma
"le principali riforme attuate o in cantiere"
sembrano "pensate con prevalente se non esclusivo
riferimento alla giustizia che preme agli imputati che
possono e che contano".
BRESCIA. Aniello Lamonica definisce
"veramente insostenibile" la situazione che si
è venuta a creare a Bergamo dove il posto di procuratore
della Repubblica è vacante da 18 mesi. La nomina da
parte del Csm di Adriano Galizzi è stata infatti
bloccata dal Guardasigilli perchè il fratello del
magistrato, Paolo Maria, è già presidente del tribunale
civile di Bergamo.
ROMA. Secondo il procuratore reggente Carmelo
Renato Calderone la giustizia è "un malato
terminale". Nonostante "sussulti di
vitalità" il sistema ripiomba "nel guado delle
spaventose pendenze, delle attese snervanti e deludenti
delle prescrizioni". Serve dunque una "terapia
d'urto di coraggioso spessore".
NAPOLI: Per Vincenzo Galgano "non si può
concepire una riforma che non sia finalizzata alla
realizzazione dei valori costituzionalmente sanciti: non
concepisce una riforma compiuta sotto la spinta di
esigenze contingenti e personalistiche".
PALERMO: Per il procuratore generale Salvatore
Celesti c'è il rischio di una nuova stagione delle
stragi. Cosa nostra, in particolare i gruppi emergenti
mafiosi, potrebbe tornare a colpire uomini delle
istituzioni. Per Celesti, tuttavia, la mafia potrebbe
anche proseguire la strategia di "coesistenza",
grazie a rapporti di scambio con la politica e
all'appoggio di fiancheggiatori reclutati nel mondo delle
professioni (avvocati e medici).
BOLOGNA. Il procuratore Francesco Pinto afferma
che il pubblico ministero è passato dagli osanna del
periodo di 'Mani Pulite' all'"indifferenza" e
al"pregiudizio di cui oggi è circondato".
VENEZIA. Il procuratore Ennio Fortuna rende prima
omaggio al Capo dello Stato "che si batte per
l'unità nazionale in ogni modo possibile", e poi
pone l'accento sui pericoli delle nuove forme associative
legate alla criminalità straniera. Sulla questione
dell'indulto Fortuna sostiene che andrebbe affrontato
assieme al tema dell'amnistia.
FIRENZE. Da Gaetano Ruello un "no" secco
alla separazione delle carriere. Ruello definisce un atto
di "autolesionismo" indebolire i pubblici
ministeri.
TRIESTE. Giorgio Brignoli stigmatizza la lentezza
dei tempi della giustizia, le carenze strutturali e di
organico che interessano tutte le province del distretto,
e pone l'accento sull'allerta terrorismo scattata in
Friuli Venezia Giulia.
GENOVA. Richiamo nella relazione del procuratore
generale Domenico Porcelli all' unità nazionale, con il
testo dell' inno di Mameli stampato sulla copertina del
testo. Valutazioni sui fatti del G8, superamento delle
divisioni di casta tra magistrati e avvocati, e critiche
al "resistere" di Borrelli sono gli altri punti
cardine del discorso di Porcelli.
ANCONA. Fernando Adamo lancia l'allarme traffici
illeciti. Esiste infatti il rischio che il porto di
Ancona si trasformi in una "nube oscura" di
traffici (contrabbando, prostituzione, immigrazione
illegale) con i Balcani.
CAGLIARI. In Sardegna non vanno trascurati una
serie di attentati contro le istituzioni pubbliche e
segnali che fanno temere una ripresa del terrorismo.
Il procuratore Vittorio Antonini pone anche l'accento
sull'incremento del traffico di armi, di omicidi, e di
casi di violenza sessuale e di pedofilia.
CATANZARO. Domenico Pudia si rivolge direttamente
al ministro della Giustizia chiedendogli se "il suo
atteggiamento sia o meno compatibile con i principi di
una retta e sana amministrazione". Quello del
Governo - aggiunge - "è un disegno autoritario,
centralistico ed antidemocratico".
L'AQUILA: Nella regione sono in aumento violenza e
droga, però non vi è la grande criminalità
organizzata. Bruno Polo Amicarelli ritiene che il
funzionamento della giustizia sia "buono, in alcuni
casi ottimo", ma che "la carenza di organico
dei magistrati potrebbe causare una paralisi".
POTENZA. La situazione della criminalità, ha
detto il procuratore Vincenzo Tufano, presenta "un
quadro definibile non allarmante". E quella
organizzata una "apparente calma".
PERUGIA. Il procuratore reggente presso la Corte
d'appello Sergio Matteini Chiari ha parlato di una
giustizia a due velocità, celere in campo penale, lenta
nel civile, di un dato relativo alla criminalità
certamente non positivo. Nessun riferimento invece ai
temi di attualità, come le grandi inchieste o alla
condanna di Giulio Andreotti in appello, processo nel
quale lui stesso ha rappresentato l' accusa. Nessun cenno
diretto nemmeno alle polemiche che hanno coinvolto la
procura perugina.
BARI. "Il futuro criminale è la delinquenza
economica", ha detto il procuratore generale
Riccardo Dibitonto, e bisogna ben valutare il
"pericolo Albania dove giunge, prima di arrivare in
Puglia, l' eroina proveniente dall' Afganistan. Il
terrorismo ci stupisce perchè genera morti, come è
successo a New York e Washington, ma l' enorme
quantitativo di droga che giunge sul nostro territorio
uccide i nostri figli".
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DA - L'UNITA'
SADDAM USSEIN e' quello che e' ..... ma se oggi si
deve parlare di TERRORISMO - in INGHILTERRA e' stato
fatto un sondaggio che non si puo' non considerare -
TUTTI AFFERMAVANO che i primi a provocarlo .... IL
TERRORISMO ... con la REPRESSIONE... sono proprio GLI
STATI UNITI D'AMERICA. quindi a prescidere il FAMOSO
dittatore.... per il popolo civile - per una soluzione
che il capitalismo deve trovare alle sue crisi ecoomiche
senza gli interessi personali e individuali di BUSH
FAMIGLIA - .... oggi in tutto il mondo - come non
avveniva dal 1968 - ci sono state della magnifiche
manifestazioni CONTRO LA GUERRA E PER LA COSCIENZA
CIVILE.
Un mare di
gente a chiedere la pace proprio lì dove hanno deciso la
guerra
di Bruno Marolo
WASHINGTON George Bush ha trovato il suo Vietnam.
Il fronte su cui potrebbe perdere la guerra non è
l'Iraq, dove difficilmente quello che resta dell'armata
di Saddam Hussein potrebbe tenere testa al formidabile
apparato militare degli Stati Uniti. Il fronte è qui a
Washington.
Il fronte è qui, in una città dalla quale il presidente
si è allontanato venerdì in elicottero, abbandonando la
piazza a decine di migliaia di dimostranti venuti da 220
città americane per gridare basta a un governo che vuole
imporre con le bombe i suoi interessi al resto del mondo.
C'era ogni tipo di gente, a protestare sotto la scalinata
del congresso che in ottobre ha approvato la cambiale in
bianco chiesta da Bush per usare la forza contro il
regime di Saddam Hussein. Gente famosa come l'attrice
Jessica Lang o come Ron Kovic, il guerriero pentito del
Vietnam la cui autobiografia ha ispirato il film «Nato
il 4 luglio». Gente sconosciuta come Mara Hilliard, un
avvocato di Washington che difende gratis gli accusati di
reati di opinione. Fanatici come i «musulmani neri»,
che predicano la rivolta violenta in nome dell'Islam
contro il modo di vita americano, e moderati come il
reverendo Greylan Haglard, pastore di una chiesa
protestante di Washington, sceso in piazza per la ragione
opposta, perché crede che la guerra sia contraria al
sogno americano. C'erano uomini e donne di tutte le
professioni, ma nessun politico di professione. Dirigenti
di partito, deputati e senatori, candidati di belle
speranze per le prossime elezioni presidenziali si erano
tenuti lontani, salvo i due tribuni neri Jesse Jackson e
Al Sharpton, presenti in tutte le dimostrazioni. La
titubanza dei politici sottolinea una spaccatura che sta
diventando drammatica tra il paese e le sue istituzioni,
tra i partiti che aspettano i risultati dei sondaggi per
prendere posizione e un movimento sempre più esasperato,
che non si rassegna alla guerra.
«Stiamo vivendo un momento straordinario nella storia di
questo paese -ha detto alla folla Ron Kovic- una nuova
generazione di attivisti è insorta in nome della pace.
La nostra protesta è appena cominciata, fermiamo il
governo che manda a morire i nostri fratelli». Lunedì
si celebra il Martin Luter King Day, e le rivendicazioni
dei pacifisti si saldano con quelle dei neri, che oggi
come ai tempi del Vietnam sono i primi ad essere mandati
in battaglia. Un cartellone innalzato dai dimostranti
raffigurava il volto di Martin Luther King sormontato
dalla scritta: «Ho un sogno»; sul lato apposto vi era
una fotografia di George Bush con la dicitura: «Ho un
incubo».
Quanti erano i dimostranti? Un calcolo accurato non si
può ancora fare. Gli organizzatori della protesta
tendono a esagerare, la polizia a sminuire il numero. Si
può constatare soltanto che il mall di Washington, il
grande viale erboso che va dal congresso al monumento a
Lincoln passando accanto alla Casa Bianca, era gremito
malgrado la temperatura sotto zero. «Non si può
ignorare la voce di una folla come questa», esultava una
porta voce di Answer, uno dei gruppi che hanno
organizzato la marcia su Washington. Answer vuole dire
risposta, ma è anche una sigla formata dalle iniziali
della frase in inglese «Agire adesso per fermare la
guerra e mettere fine al razzismo». Dietro agli
attivisti del gruppo marciava una donna con i capelli
bianchi, troppo timida per dire il suo nome, che si
presentava come repubblicana. «Il movimento contro la
guerra -ha detto- non è una esclusiva della sinistra.
Tanti conservatori come me sono contrari a questa corsa
al massacro».
Un corteo si è diretto verso il Washington Navy Yard,
una base della marina dove esiste un arsenale nucleare.
Alcuni dimostranti hanno chiesto accesso alle sentinelle.
«Siamo ispettori della pace -hanno detto- e vogliamo
scoprire le vostre armi di sterminio». I militari non
hanno reagito. «Gli Usa -gridava la folla- sono lo stato
canaglia: disarmiamo Bush».
Da un'altra base navale, a San Diego sull'altra costa
dell'America, in quello stesso momento partivano le
truppe. Hanno preso il mare le navi Dubuque, Cleveland,
Boxer, Bonhomme Richard, Anchorage e Pearl Harbor, con
10mila marines a bordo. «Abbiamo tutti un nodo nello
stomaco nel lasciare così mogli e fidanzate», ha
ammesso un sergente, Scott Hall. Forse per la prima volta
nella storia dell'America, non sono soltanto le famiglie
ad essere in pensiero per i militari in guerra. Anche i
soldati sono in ansia per i loro cari esposti alla
minaccia del terrorismo. La televisione ha mostrato i
combattenti della guerra di Bush, le loro facce da
poveri, il loro smarrimento di ragazzi che si erano
arruolati in tempo di pace e ora vengono trattenuti sotto
le armi anche se il periodo di ferma sarebbe scaduto. Il
ministro della difesa Donald Rumsfeld ha bloccato tutti i
congedi per avere più giovani da mandare in prima linea,
ma continua imperterrito a dichiarare che non sarà
necessario il servizio di leva e la guerra sarà fatta
interamente da volontari.
La protesta di Washington è stata soltanto la maggiore
fra tante. I pacifisti hanno invaso le strade in tutti i
continenti, dall'Europa alla Nuova Zelanda, dal Pakistan
al Giappone. A San Francisco 50 mila dimostranti hanno
ascoltato un discorso dell'attore Martin Sheen, che nella
serie televisiva West Wing fa la parte di un presidente
immaginario, premio Nobel per la pace: il sogno di chi
vorrebbe un capo di governo completamente diverso da
Bush. Da una costa all'altra, si è udito lo stesso
grido: «Preveniamo la guerra preventiva».
SE CONOSCETE L'INGLESE : http://www.internationalanswer.org/
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DA - L'UNITA'
Da Tokyo a
Napoli, il tam-tam di Internet chiama il pacifismo in
piazza
di t.d.m.
In tutto il mondo, un week-end contro la guerra: dagli
Stati Uniti all'Italia centinaia di migliaia di persone
si sono date appuntamento per ripetere il loro rifiuto
alla guerra americana contro Saddam. Sono previste
manifestazioni a San Francisco e Washington, ma anche a
Tucson e a Honolulu negli Stati Uniti, a Napoli in
Italia, a Bruxelles in Belgio, ad Amburgo, Colonia e
Heidelberg (di fronte al Comando Usa in Europa) in
Germania e in molte altre città.
Gli slogan sembrano quelli di trent'anni fa, delle
marce contro il conflitto del Vietnam che unì i campuses
di Berkeley e St. Paul alla Sorbonne di Parigi, passando
per la Statale di Milano. Ma i protagonisti sono diversi.
Non solo da un punto di vista per così dire sociologico,
ma anche nelle forme di organizzazione. La Rete è il
grande momento unificatore e organizzativo, che mette
insieme gli studenti di oggi e i loro padri, i professori
e l'universo dei anti-globalizzatori.
La chiamata alle piazze attraverso Internet è partita
dagli Usa, dove l'organizzazione più attiva sul fronte
dell'impegno anti-guerra, Not In Our Name
raccoglie sul suo sito il calendario delle manifestazioni
previste per sabato 18 gennaio, comprese le due di San
Francisco e Washington promosse da International
A.S.W.E.R.. Ma anche in Italia, dove le diverse anime
dei movimenti trovano nel web uno snodo comune. Come Rete
Lilliput alla quale fa riferimento il pacifismo
italiano, soprattutto quello di matrice cattolica e
non-violenta, alla Rete NoGlobal sul cui sito c'è
la chiamata alla manifestazione antiguerra in programma a
Napoli sempre per il 18 gennaio, in collegaamento ideale
con le marce statunitensi.
L'ampiezza del movimento contro la guerra è
testimoniata anche dall'improvviso interesse della stampa
di mezzo mondo per un movimento che sembrava annichilito
dal clima di armiamoci e partite scatenatosi
nel mondo dopo gli attentati di New York dell'11
settembre. Dal quotidiano USAToday che dedica
alcuni servizi all'ondata pacifista che attraversa il
mondo in questo sabato di gennaio, al parigino Libération
che nel numero in edicola sabato 18 consacra uno speciale
al movimento antiguerra che sta montando in Francia e
negli Stati Uniti. E il Los Angeles Times spiega
come la generazione che combatté la II Guerra mondiale
sia oggi fortemente contraria all'avventura bellica di
Bush.
Nonostante il bellicismo dei loro governanti, il
pacifismo degli americani ha già avuto modo di mostrarsi
nei mesi scorsi. Il 26 ottobre scorso furono 100 mila le
persone che si riunirono nella capitale degli Stati Uniti
e oltre 50 mila si ritrovarono a San Francisco, per
protestare.
L'opposizione sta assumendo anche forme diverse dalle
tradizionali manifestazioni di strada. Ad esempio,
l'organizzazione MoveOn - che conta circa 600 mila membri
e promuove iniziative politiche utilizzando
essenzialmente Internet - ha speso 400 mila dollari per
riproporre un vecchio spot pacifista utilizzato dal
presidente Lyndon Johnson per battere in campagna
elettorale il candidato estremista Barry Goldwater, in
piena guerra fredda e riaggiornato per contestare la
guerra statunitense contro Baghdad. Let The
Inspections Work, lasciate lavorare gli ispettori, è
il titolo di questa campagna che mostra una bambina
mentre sfoglia una margherita sullo sfondo di un prato
verde che viene sostituito da immagini di guerra mentre
avanza inesorabile un conto alla rovescia (clicca uno dei
link per vedere il filmato in formato RealMedia o in
formato QuickTime)
Fin qui, il quadro della mobilitazione internazionale.
Ma cortei, presidi, mostre e mercatini solidali ci sono
stati anche in Italia: un pulviscolo di iniziative per la
pace si sono svolte sabato 18 gennaio in tantissime
città, indette da associazioni locali, gruppi di
disobbedienti, forze politiche. Due i cortei di rilievo,
a Napoli e a Firenze.
A Firenze Una catena umana della pace, tra i
due ponti sull' Arno tra i quali ha la sede il consolato
USA di Firenze, ha concluso il corteo promosso oggi
pomeriggio dal Firenze Social Forum contro l' intervento
militare statunitense in Iraq. La manifestazione,
sorvegliata dalle forze dell' ordine, si è svolta senza
incidenti.
La catena è stata formata sui lungarni dai manifestanti
- 2.000 per le forze dell' ordine, 3.000 secondo gli
organizzatori - i quali si sono disposti tra il ponte
Vespucci e il ponte alla Vittoria, con una simbolica
interruzione (la catena non ha
completato il giro) nei pressi del consolato
americano,presidiato dalle forze dell' ordine. Alcuni
bambini stranieri - due bimbi originari di Lafayette
(Indiana, Usa) e una piccola curda - sono stati
accompagnati da adulti ad appendere una bandiera della
pace sul portone del consolato.Il corteo è partito verso
le 15,30 da piazza Santa Maria Novella e si è poi
diretto nei pressi del consolato Usa. Alla testa c' erano
gli striscioni di «Firenze città aperta», di «Not in
our name», appartenente ad un gruppo di americani
residenti a Firenze contrari alla politica estera del
loro paese, e del comitato Iraq-Usa costituito a Firenze
già nel 1991, per la prima guerra del Golfo. Presenti
anche gli striscioni di Emergency, Laboratorio per la
democrazia e centro sociale Cpa, oltre a bandiere di
Rifondazione comunista e Ds.
A Napoli i disobbedienti campani rispondendo
all'appello della rete dei pacifisti americani sono
partiti da piazza del Gesù, nel centro storico cittadino
diretti in piazza Plebiscito. Sventato il rischio di una
presenza di neonazisti in corteo per le strade della
nostra città: il corteo annunciato da Forza Nuova in
concomitanza con la manifestazione pacifista anche a
Napoli è stato poi annullato. I manifestanti, tra cui
alcune sigle di disoccupati di Napoli e provincia e un
folto numero di extracomunitari, sono partiti da Piazza
del Gesù diretti a Piazza del Plebiscito dove
effettueranno un presidio. Alla testa del corteo, dietro
ad uno striscione su cui campeggia una scritta contro la
guerra, anche le «donne in nero» napoletane.
Grande manifestazione, poi, anche a Bergamo
dove hanno sfilato per le vie del centro circa duemila
persone. Il corteo, promosso dalla Tavola della Pace, che
raggruppa partiti politici, movimenti, organizzazioni
sindacali e associazioni, è partito dal piazzale della
stazione dei treni sfilando pacificamente con striscioni
e bandiere fino al comune dove si è conclusa la
manifestazione. Tanti i giovani presenti, studenti e
rappresentanti dei centri sociali. A conclusione della
manifestazione, caratterizzata da canti e musica, i
pacifisti hanno tracciato sulla piazza del Municipio la
grande
scritta: «no war».
Il Social Forum romano, invece, aveva dato
appuntamento a Gaeta per una manifestazione
davanti alla base militare Usa (VI Flotta), e domenica 19
pomeriggio a Roma , in piazza Campo dè Fiori alle
ore 16.00. Sabato mattina una delegazione, composta dalla
sen. Loredana De Petris (Verdi) e dall'on. Silvana Pisa e
da alcuni rappresentanti delle associazioni, ha
consegnato al Presidente del Parlamento europeo, Pat Kox,
tramite l'ufficio di rappresentanza a Roma, e al
segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, un appello
affinchè venga fatto tutto il possibile per scongiurare
l'intervento armato in Iraq . Nell'appello tra l'altro si
fa appello al Parlamento Europeo che si pronunci
«affinchè i governi europei e tutti i paesi aderenti
alla NATO non concedano alla guerra preventiva all'Iraq,
le basi militari NATO e lo spazio aereo. Ciò perchè
l'invocata attivazione dell'art. 5 è legittima solo in
caso di guerra di difesa e non è applicabile nel caso di
una aggressione armata come quella organizzata contro
l'Iraq». In serata due concerti per la pace nei centri
sociali Forte Prenestino e Villaggio Globale.
A Bari l'occasione per ritrovarsi è uno
spettacolo di Moni Ovadia al Teatroteam con un banchetto
per la raccolta di firme e fondi di Emergency nel foyer.
A Genova Emergency, Amnesty, Legambiente e Mani
Tese organizzano per tutto il giorno (dalle 10 alle 19)
un mercatino della pace in via Montevideo, dove viene
esposta anche una mostra fotografica.
A Milano in serata una serie di dibattiti, uno
dei quali, importante per il mondo dei cattolici
impegnati per la pace, dal titolo "PACE IN TERRA UN
SOGNO IMPOSSIBILE? I CRISTIANI E LE VIE DELLA PACE".
A 40 anni dall'enciclica "Pacem in Terris"
l'incontro vede la partecipazione del cardinale Roger
Etchegaray, consigliere di papa Giovanni Paolo II, già
presidente di "Iustitia et pax", una delle
figure della Chiesa più autorevoli impegnate nel dialogo
interreligioso e per la pace, inviato del papa in Iraq e
per la risoluzione della crisi della Chiesa della
Natività a Betlemme nel Natale dell'anno scorso. La
conferenza è alle ore 10.00 Salone PIO XII via S.
Antonio 5 Milano. Tra i promotori:la Caritas Ambrosiana,
il Centro di Pastorale Giovanile, CSA Ecumenismo e
Dialogo, Pastorale dei Migranti, Pastorale Missionaria,
Pastorale Sociale e del Lavoro.
Tutte queste iniziative sono di «assaggio» rispetto
al «piatto forte» della grande manifestazione per la
pace indetta per il 15 febbraio a Roma.
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DA - L'UNITA'
E il dissenso
cresce anche nella Londra di Blair
di Gabriel Bertinetto
Migliaia e migliaia in marcia per la pace, in decine di
paesi, dagli Usa al Giappone, dallItalia alla
Russia, dalla Giordania al Pakistan. Sono le punte di
diamante di unopinione pubblica mondiale sempre
più consapevolmente ostile alla guerra che Bush vuole
fare allIraq. Particolarmente significative le
iniziative di protesta nei grandi paesi europei
maggiormente esposti alle pressioni americane per una
loro partecipazione o collaborazione allattacco:
Gran Bretagna, Germania, Francia.
I pacifisti inglesi sono sfilati a lume di candela in due
cortei confluiti ieri sera rispettivamente su Trafalgar
Square e sulla piazza del Parlamento. A mano a mano che
aumentano le probabilità di un conflitto, cresce nel
paese e nel Parlamento (anche tra i deputati laburisti)
lopposizione alla linea del premier Toni Blair,
sprezzantemente definito il barboncino di Bush per la sua
condiscendenza verso i piani bellici del capo della Casa
Bianca. In realtà Blair ha svolto un ruolo più
complesso, frenando in alcuni momenti, soprattutto
durante i negoziati sul testo della risoluzione 1441
allOnu, ma anche dopo, lirruenza americana, e
tentando di ricucire un rapporto migliore con gli alleati
europei. È stato Blair tra laltro a insistere con
Bush affinché agli ispettori sia concesso più tempo per
le loro verifiche nei siti sospetti iracheni. E tuttavia
le forze armate britanniche, così come quelle americane,
sono già mobilitate. E il governo inglese non esclude di
attaccare assieme agli Usa anche senza una esplicita
nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza delle
Nazioni unite. Oltre che a Londra, dimostrazioni per la
pace si sono svolte ieri davanti allaeroporto
irlandese di Shannon, utilizzato dalle forze armate
americane.
Cinquemila persone hanno marciato contro la guerra nella
città tedesca di Rostock, e altre mille a Tübingen.
Primi assaggi del raduno, che si prevede gigantesco,
programmato per il 15 febbraio prossimo a Berlino. Anche
in Germania il no allavventura militare nel Golfo
unisce gran parte della popolazione, qui, a differenza
che in Gran Bretagna, in buona sintonia con il governo di
Gerhard Schröder, che si è pronunciato contro un
attacco preventivo e ogni iniziativa presa al di fuori di
un preciso mandato dellOnu, ed ha escluso comunque
la partecipazione tedesca. La maggioranza dei cittadini
vuole che nel caso a Palazzo di vetro si voti per una
seconda risoluzione a favore di un intervento militare in
Iraq, la Germania dica un chiaro no. A chiedere
espressamente al cancelliere di mantenere un
atteggiamento di fermezza nei confronti del governo Usa
sono quasi due terzi dei tedeschi (64%), secondo un
sondaggio del settimanale «Der Spiegel». Questa
larghissima fetta della popolazione tedesca
considererebbe una «truffa» un comportamento diverso da
quel netto ed inequivocabile no, promesso da Schröder
durante l'ultima campagna elettorale che lo ha confermato
alla Cancelleria. Unastensione insomma non sarebbe
gradita.
Massiccia la partecipazione popolare complessiva ai
cortei che si sono svolti a Parigi e in una quarantina di
città piccole e grandi della Francia, promosse da
sindacati, partiti di sinistra, studenti, associazioni
femministe, e dal movimento Attac. Il partito socialista
preme sul presidente Jacques Chirac affinché usi il
diritto di veto che spetta alla Francia nel Consiglio di
sicurezza in quanto membro permanente. «La guerra non ha
alcuna giustificazione seria a livello di diritto
internazionale», afferma un documento approvato dal
Consiglio nazionale del Ps, nel quale si esorta il capo
dellEliseo ad «affermare chiaramente
lopposizione della Francia al ricorso alla forza».
Sinora Parigi si è detta contraria ad iniziative
unilaterali che prescindano dallOnu ed ha chiesto
che sia dato tempo agli ispettori.
I primi a mobilitarsi, per ragioni di fuso orario, sono
stati ieri i pacifisti giapponesi, scesi in piazza in una
decina di città, dall'Hokkaido nell'estremo nord del
paese fino alla punta sud dell'arcipelago. A Tokyo circa
cinquemila persone hanno dato vita a una kermesse
musicale nel quartiere dei ministeri, al ritmo dei
suonatori di tamburi di Okinawa, lisola in cui si
trova il grosso dei 47mila soldati americani di stanza in
Giappone. A Mosca militanti comunisti con bandiere rosse
e ritratti di Lenin, Stalin e Arafat hanno sfilato
davanti all'ambasciata degli Stati Uniti guardata da un
ingente dispositivo di polizia . «Terroristi, gendarmi
internazionali» sono stati gli slogan più gridati
contro l'America, mentre Bush veniva dipinto come
«Hitler» e la sua politica «fascista». Manifestazioni
anche a Vienna, già venerdì sera, e inoltre a
Göteborg, e in diverse località di Belgio, Spagna,
Olanda. In questultimo paese ci sono stati
incidenti e una novantina di arresti, quando un gruppo di
pacifisti ha tentato di penetrare nella base aerea
militare Vokel, a Uden, che ospita anche truppe Usa.
Un migliaio di giovani ha esibito scritte ostili alla
guerra e alla politica americana, nella città pachistana
di Rawalpindi. A Damasco, in Siria, le proteste di piazza
erano indirizzate sia contro gli Usa sia contro Israele.
Così come in Giordania, dove 500 Fratelli musulmani si
sono radunati davanti alla sede Onu ad Amman.
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A Bologna un
pomeriggio di scontri perché la Questura concede la
piazza a Forza NuovA
di Vanni Masala
BOLOGNA Una battaglia durata ore nel salotto
«buono» di Bologna. Scontri, cariche della polizia,
lacrimogeni, diversi feriti sia tra i poliziotti che tra
i manifestanti. Il tutto tra passanti terrorizzati che
fuggivano tra i cartelli dei saldi esposti sulle vetrine
di grandi firme nelle centralissime vie Castiglione e
Farini, a due passi da piazza Maggiore. A fronteggiarsi,
con la contrapposizione delle forze dellordine,
alcune centinaia di giovani del Bologna Social Forum ed
una cinquantina di neofascisti di Forza Nuova, che da
alcuni giorni avevano annunciato un volantinaggio in
sostegno dei loro camerati arrestati a Verona. Una
provocazione, sopratutto perchè la manifestazione
neofascista è stata organizzata in coincidenza con
quella per la Pace indetta anche nella città emiliana
dal Tavolo contro la guerra. Inoltre, a seguito di
numerosi episodi di intolleranza e violenza (aggressioni
e vandalismi) verificatisi nel capoluogo emiliano negli
ultimi tempi, il corteo contro la guerra aveva
esplicitamente assunto una connotazione anche
antifascista e antirazzista.
Come ci si aspettava, e come evidentemente prevedevano
le forze dellordine in assetto antisommossa, le due
aree sono venute a contatto. Il corteo per la Pace,
composto da un paio di migliaia di persone, è transitato
poco dopo le 16 fino alla zona in cui manifestava Forza
Nuova. Lì, circa 300 new global si sono staccati dal
corteo cercando di raggiungere i neofascisti. Tra essi
giovani dei centri sociali, anarchici, esponenti di
Rifondazione comunista. Nessuna aggressione organizzata:
i new global erano disarmati, senza alcuna protezione,
non coordinati. Il loro esplicito intento era comunque
sfrattare i neofascisti da piazza Minghetti. Superato un
primo sbarramento, i manifestanti sono stati caricati
più volte dalla polizia, che ha anche lanciato
lacrimogeni. Uno di questi ha colpito in testa un
ventenne libanese, ferito ma non seriamente. Altri
ragazzi e un paio di agenti sono rimasti contusi in
maniera non grave.
Intanto, tutto il traffico della zona è stato
bloccato, paralizzando quellarea del centro
bolognese. I new global respinti si sono divisi, ed una
piccola parte di essi, circa cinquanta, ha cercato di
arrivare nel luogo in cui volantinava Forza Nuova dal
versante opposto. Il tentativo di creare delle barricate
con i cassonetti della spazzatura è stato sventato dalla
polizia con unaltra serie di cariche. I
neofascisti, armati di bastoni e cinghie, tra saluti
romani e gridando «boia chi molla è lurlo di
battaglia» sono riusciti da parte loro ad avvicinarsi ai
new global e vi sono stati alcuni violenti corpo a corpo,
tra lacrimogeni, bombe carta e razzi da stadio.
I forzanovisti hanno anche appeso alcuni striscioni
inneggianti ai camerati veneti arrestati e contro la
legge Mancino. Tra i neofascisti, diversi ragazzi
transfughi dallassociazione giovanile di Alleanza
nazionale ed il consigliere comunale dello stesso partito
Massimiliano Mazzanti, che aveva difeso il diritto di
manifestare di Forza nuova. Un paio di ragazzi sono
rimasti feriti da manganellate, ed un funzionario di
polizia ha dovuto ricorrere al soccorso dei medici.
Il versante del Bologna Social Forum si è via via
ingrossato, tornando a premere verso la piazza, ed a quel
punto i neofascisti hanno smontato i banchetti e sono
stati scortati dalla polizia. I manifestanti sono
transitati per piazza Minghetti, con banda a seguito che
intonava «Bella ciao», e Bologna ha tirato il fiato
dopo un annunciato pomeriggio di tensione.
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