E VI SEMBRA POCA COSA QUESTA ? – CONOSCERE I NOMI DEGLI STRAGISTI ?


Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".

CI SI RENDE CONTO DI COSA SCRIVE ? E IN QUALI ANNI LO SCRIVE ? E SU QUALE GIORNALE LO SCRIVE ?


Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra,

TRA UNA MESSA E L’ALTRA ? ... SAPETE CHI C’ERA IN QUEL TEMPO AL GOVERNO ? ... C’ERA LA FAMOSA BALENA BIANCA – DEMOCRAZIA CRISTIANA – E UNO CHE ANDAVA SEMPRE A MESSA E CONTINUA A FARLO ... E’ GIULIO ANDREOTTI.

hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.


Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.

E FACCIAMO UNA PAUSA IN QUESTO PUNTO DELLA LETTERA.

PELOSI – NELL’ULTIMA INTERVISTA DEL 2005 RILASCIATA – PER LA QUALE SI VUOLE RIAPRIRE – GIUSTAMENTE – IL CASO PIER PAOLO – DIRA’ CHE MENTRE UCCIDEVANO PASOLINI GLI URLAVANO CONTRO DI LUI UN SACCO DI PORCATE NELLA LINGUA DEL SUD.


Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.


Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile.

E IN QUESTO PASOLINI PECCA DI UMILTA’ – NESSUNO COME LUI SAPEVA – NESSUNO COME LUI RIUSCIVA A LEGGERE LA REALTA’ DEI FATTI – MA SOPRATTUTTO NESSUNO COME LUI HA AVUTO IL CORAGGIO DI CAPIRE – E NEL MENTRE SCRIVERLO – DENUNCIARLO – GRIDARLO AL MONDO CON TUTTI I SUOI MEZZI POSSIBILI.


Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974.
Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.
Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.

IN QUESTE RIGHE – IN QUESTE POCHE RIGHE – PIER PAOLO PASOLINI SI CONSEGNA AGLI ASSASSINI – CHE LO UCCIDERANNO. EGLI SA – LO AFFERMA – E CONOSCE I NOMI ... EGLI HA COMPRESO BENE COSA STESSE ACCADENDO – EGLI IN QUESTE RIGHE SCRIVE CHE LO DIRA’ – CHE E’ UNA SUA RESPONSABILITA’ E CHE NON SI TIRERA’ DIETRO.


Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.


Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana - si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici.
Se egli vien meno a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.


È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un "Paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.

FORSE ALDO MORO AVEVA LETTO QUESTO LETTERA O SI ERA SENTITO IN QUALCHE MODO COINVOLTO CON IL SUO PARTITO – PERCHE’ NEL 1978 – DA POLITICO – CERCO’ PROPRIO UN COMPROMESSO STORICO CON IL PARTITO COMUNISTA. E’ CERTO PERO’ CHE IL PARTITO COMUNISTA NON FECE NULLA RISPETTO A QUESTA LETTERA – EPPURE PASOLINI LO CERCAVA – LO INVOCAVA – CHIEDEVA SOSTEGNO – CHIEDEVA AL PARTITO COMUNISTA DI DARGLI PROVE PERCHE’ ORAMAI LUI SAPEVA I NOMI.


Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo.
La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere.

SI RIFERISCE AL POTERE SOVIETICO.


Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto.


L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.


E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.

QUELLO CHE E’ ACCADUTO SOLO NEL 1992 – 1993 – NELLA STAGIONE DI MANI PULITE. MA NEANCHE ALLORA – COME E’ STATO PREVISTO DA PIER PAOLO PASOLINI – IN QUELLA GRANDE OCCASIONE – IN ITALIA – SONO STATI FATTI I NOMI – SEPPUR CONTRO QUESTI CI SONO ALMENO STATI PROCESSI E IN QUESTI LA FINE DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA E DEL SOCIALISMO CRAXIANO.

Un uomo cosi’ – libero e onesto – non poteva che dar fastidio.

In una intervista afferma Nico Naldini – poeta :

Ricordiamoci che pasolini non e’ stato solo un intellettuale scomodo e’ stato un fustigatore della societa’ borghese dalle prime colonne del Corriere della sera, cioe’ il quotidiano della grande borghesia milanese che evidentemente aveva bisogno di farsele dire le cose.

TORNIAMO ALL’ASSASSINO PELOSI.

Ma come e’ possibile che un ragazzo di 17 anni abbia potuto uccidere Pier Paolo Pasolini e da solo ?

Pino pelosi dira’ nella sua deposizione davanti al giudice e al capo della squadra mobile di Roma Ferdinando Masone che successivamente diventera’, guarda caso, capo della polizia.

Ore 22,30 Piazza dei Cinquecento a Roma – proprio davanti alla stazione termini. Mi trovavo con i miei amici, Salvatore, Claudio e Adolfo.

Fermo davanti ad un chiosco di un bar, si avvicina un’alfa 2000 dalla quale scende un uomo che va a parlare con uno dei ragazzi – Adolfo – a cui dice – ci facciamo un giro ? – ma Adolfo non ci sta. E allora l’uomo si avvicina a Pino Pelosi e fa la stessa proposta – e li anche se giovane comprende cosa vuole quell’uomo e accetta ...sale con lui nella macchina.

Prima pero’ torna nel bar a consegnare le chiavi della sua macchina ad un amico.

ECCO TORNA IN DIETRO E CONSEGNA LE CHIAVI AD UN AMICO – FORSE NON AD UN AMICO – A MOLTI AMICI O E’ UN SEGNALE PER DIRE DI SEGUIRLI ? NESSUNO DEI DUE, PERCHE’ PELOSI POI SI FA VENIRE FAME, CERCA DI PERDERE TEMPO CIOE’... QUINDI IL PUNTO ERA STATO STABILITO DA PRIMA – PELOSI RIENTRA NEL BAR PER DIRE AGLI ALTRI CHE E’ TUTTO PRONTO – CHE PORTERA’ POI PASOLINI AL PUNTO STABILITO PER L’ASSALTO. SE PASOLINI FOSSE STATO SEGUITO SE NE SAREBBE ACCORTO.

Poi chiede all’uomo dove vogliono andare e lui risponde – dove vuoi tu. Pino ha fame ma sono quasi le 23,00 e’ tardi per mangiare, ma l’uomo lo porta in una trattoria a lungo tevere dove lo conoscono e sicuramente riapriranno la cucina per lui. E infatti tutti lo conoscono e lo salutano, perche’ quell’uomo e’ Pier Paolo Pasolini.

Ma Pelosi affermera’ di non conoscerlo, per lui era soltanto Paolo.

Pino mangia – spaghetti aglio oglio e peperoncino e petti di pollo, Paolo non mangia e beve solo una birra e gli fa un sacco di domande, vuole sapere tutto di lui, chi e’ cosa fa come vive, si interessa con passione.

PAOLO NON MANGIA PERCHE’ HA GIA’ MANGIATO QUALCOSA – INSIEME A NINETTO DAVOLI – L’ULTIMO AD AVERLO VISTO VIVO.

Restano nel locale biondo tevere fino alle 23,30 – poi salgono sulla macchina – Paolo fa benzina in un self service e poi imboccano una strada che conduce verso ostia. Paolo dice a Pino che vuole andare in un luogo isolato, faranno qualcosa e poi lui gli dara’ 20 mila lire.

Ore 24,00 l’alfa 2000 si apparta nel campetto da calcio vicino alla porta. Inizia un rapporto sessuale, che pero’ si interrompe. Pino esce dalla macchina e quell’uomo, Paolo, lo segue, vuole da lui qualcosa che non vuole fare. E quando Pino si ribella, Paolo diventa violento prende un bastone e fa una faccia da matto che gli mette paura. Pino scappa e Paolo lo insegue. Pelosi ha i tacchi un po alti come si usava negli anni settanta, scivola e cade sulla schiena. L’uomo lo raggiunge e quando Pino cerca di divincolarsi, lo colpisce alla testa con il bastone, Pino scappa ancora, ma l’uomo lo raggiunge e lo colpisce di nuovo. E allora Pino raccoglie da terra una tavoletta e la rompe sulla testa dell’uomo, poi lo colpisce con due calci a basso ventre, gli afferra i capelli e lo colpisce anche in faccia con altri due calci, ma niente. Pino afferma che l’uomo e’ stanco ma non si arrende, ringhia, prende un bastone e lo colpisce di nuovo, allora Pino perde il controllo e lo colpisce con la tavoletta, finche’ Paolo non cade a terra. Poi scappa verso la macchina portando con se la tavoletta e il bastone insanguinato, che getta verso la recinzione. Poi sale in macchina e scappa con quella, nell’andarsene sente l’auto sobbalzare, ma non sa perche’, sara’ una buca nel terreno, pensa.

Si ferma alla fine della strada, ad una fontanella per lavarsi dal sangue e poi riparte. Ore 1,30 di notte, lungo mare di ostia, la gazzella dei carabinieri vede passare l’alfa 2000 a tutta velocita’ e contromano e inizia l’inseguimento. Pino Pelosi rispondera’ sempre nello stesso modo alle domande che gli vengono fatte, in cinque interrogatori, senza mai contraddirsi. Per la polizia e’ tutto chiaro e tutto semplice, Pie Paolo Pasolini e’ stato ucciso da un ragazzo che aveva adescato per avere un rapporto omosessuale a pagamento. Caso chiuso.

RIFLETTIAMO – PINO PELOSI PER CINQUE VOLTE INTERROGATO NON ENTRERA’ MAI IN CONTRADDIZIONE – FARA’ SEMPRE LO STESSO RACCONTO ANCHE SE FALSO. DIFFICILE RICORDARE SEMPRE LE STESSE COSE – SI PUO’ FARE SOLO IN UN MODO – O QUALCUNO RIESCE A FAR COMBACIARE LE DIVERSE VERSIONI, OPPURE PINO PELOSI RACCONTERA’ LA STORIA – PER NON CONFONDERSI – METTENDOSI AL POSTO DI PIER PAOLO PASOLINI – QUINDI INVERTENDO LE PARTI RILEGGETE SOPRA COME SONO ANDATI I FATTI – CON L’UNICO PUNTO INTERROGATIVO – COSE’ CHE PIER PAOLO PASOLINI NON VOLEVA FARE ? ... SE QUELLI ERANO UOMINI MANDANTI DELLA DESTRA – COSA CHIEDEVANO A PIER PAOLO ?

Questa e’ una storia che tutti vogliono dimenticare rapidamente, un dramma che suscita attacchi politici e ilarita’, soprattutto da destra, ma anche molto imbarazzo a sinistra e soprattutto nel partito comunista che in alcuni casi prende le distanze.

Del resto il partito comunista nei confronti di Pier Paolo Pasolini si comporto’ cosi’ gia’ precedentemente. Il 26 ottobre del 1949 quando Pasolini viveva a Casarsa nel friuli Pier Paolo era stato espulso dal partito comunista di Pordenone per indegnita’ morale e politica. Secondo alcune voci raccolte in paese, i carabinieri avevano accusato Pasolini di essersi appartato con alcuni ragazzini, una accusa che poi era caduta.

Dice ancora Nico Naldini – poeta :

il Partito Comunista ha un peccato originario che e’ quello dell’omofobia, perche’ espulsero Pasolini solo sulla base di una denuncia. Non hanno atteso che ci fosse un pronunciamento della magistratura che ci fosse un’indizio di indagine su questo fatto. E’ bastata una voce, raccolta dai giornali di destra avversi al giovane comunista Pasolini perche’ il partito comunista lo gettasse subito al mare.

Pasolini era capace di comprendere la societa’ nei suoi minimi particolari e di metterne in contraddizione tutti i percorsi di quegli anni. Anche se non sono politicamente corrette – anche se disturbano.

Famosa fu la poesia scritta da Pier Paolo dopo gli scontri a valle Giulia a Roma nel marzo del 1968.

Attenti – quando ieri avete fatto a botte coni poliziotti, io simpatizzavo con i poliziotti, perche’ i poliziotti sono i figli dei poveri.

Dice il senatore Calvi avvocato parte civile :

Pochissimi lo hanno amato per il suo valore e per cio’ che era. Pier Paolo e’ stato un bersaglio da parte della destra conservatrice e di quella cattolica. Ma anche la sinistra non lo ha amato. Io ricordo le grandi polemiche che lo stesso giornale quotidiano UNITA’ faceva contro le prese di posizione di Pier Paolo. Memorabile fu la sua difesa dei poliziotti contro i sessantottini. La difesa del piccolo proletario contro la borghesia studentesca. E mi sono domandato, agli inizi degli anni settanta a sinistra chi poteva fare allora una scelta di questo genere, bisognava essere grandi e guardare lontano per cogliere il giusto. Oppure quando si scaglio’ contro l’omologazione, la indistinguibilita’ tra i giovani di destra e di sinistra dal punto di vista estetico e culturale. Pasolini era un uomo oggetto di perseguzione continua – giudiziaria, politica intellettuale che pero’ non riuscivano a scalfire la sua presenza forte nella societa’ italiana.

Da quando parte da Casarsa e arriva a Roma, da quando la sua voce comincia a farsi sentire e a pesare a livello nazionale, Pier Paolo Pasolini verra’ denunciato, solo per i suoi film 33 volte, accusati di offesa al comune senso del pudore, oltraggio alla religione, vilipendio. I suoi film vengono sempre sequestrati e censurati, e poi sempre dissequestrati. Pasolini scrive della realta’ del sud e un sindaco di Cutro, una cittadina in provincia di Catanzaro, lo denuncia per diffamazione a mezzo stampa, perche’ ha parlato male della sua citta’. Viene addirittura accusato, di aver rapinato un bar del circeo con i guanti, un cappello nero e un proiettile d’oro inserito nella pistola.

Sciocchezze assurdita’ accuse che cadranno... tutte.

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