Avvisiamo
la gentile clientela
(cronaca di una
cassa integrazione, narrata da un commesso di
supermercato)
Enrico
Mattioli
Premio
Atheste 2001
per la satira
" Stai dalla parte di chi
ruba nei supermercati o di chi li ha costruiti,
rubando? ".
F. De
Gregori.
Appunti
dellautore
I nomi sono
soltanto lettere unite a caso, figli di
unidentità trasfigurata.
La nostra
vita è un supermercato. Sorretti dalla frenesia,
governati da orari e appuntamenti, pasti veloci e
surgelati, ci perdiamo in scaffalature
impolverate.
Alla ricerca
perenne della roba, questo essere storpio
vagabonda senza meta e punta obiettivi deformi,
sposa ideali travisati.
Un
soprannome, giungerà a restituirgli spiccioli
della sua vera natura, evocando un fatto ad essa
legata.
Avevo ventitré anni quando accadde. Ero in
sala prove: Zucca, il bassista, arrivò con un
telegramma.
" Preghiamola presentarsi lunedì in
Via A.P. n.50, per urgenti comunicazioni che la
riguardano
"
Un identico telegramma raggiunse anche me: che
cosa avevamo fatto di male questa volta?
Ognuno nella vita ebbe il suo Vietnam.
Formavamo i Fanculo, lo scalcinato gruppo punk
del quartiere. Il rock era ciò che volevo, i
sogni e lamplificatore Elpico.
Avevo problemi economici in famiglia, perché
mio padre era in pensione da poco. Campavo a
scrocco e quelle cose lì.
Trasgressione, solo per trasgredire le nostre
leggi, che entrambi - Zucca ed io - spedimmo
domande di lavoro.
Sono il chitarrista di un gruppo punk,
faccio richiesta dassunzione presso il
vostro fottuto punto vendita
Questo, il contenuto delle mie domande. Era
solo un gioco, insomma, giusto per gettare fumo
agli occhi di mio padre.
Era un danno essere giovani?
Suonando, io mi sentivo fuori della mischia, e
avevo bisogno di spazio. La mia stanza era
stretta come tutta la casa. Non sopportavo i miei
genitori, i vicini, come non avrei sopportato una
moglie e dei figli. Avevo bisogno di troppo
spazio.
Nessuno capiva, soprattutto la gente che
vegetava nel lavoro ed invadeva lo spazio di cui
io necessitavo. Tutti dicevano trovati
unoccupazione, metti la testa a posto.
Ci stavano rubando lanima e la verità.
La gente era frustrata, insoddisfatta. Il lavoro
ti mangiava le cellule, le membrane, ma nessuno
se n'accorgeva. Rompeva le scatole, la gente.
Con la chitarra a tracolla, sparavo il mio
rancore contro una società benpensante e
ipocrita, che traeva i suoi fondamenti nei luoghi
comuni, nelle griffe e nelle tendenze. Sparavo
alla noia con la quale la gente conduceva la
propria esistenza cancerizzandosi la mente.
-
ma forse col tempo ci si abitua -
contraddicevo me stesso mentre leggevo il
telegramma. Zucca aveva già accettato.
Ah! La gente
Spesso mi nascondo ed osservo i clienti.
Passano veloci per un acquisto e diffidano di me.
Noi del settore generiamo un incantesimo
sulla natura umana. Le aziende studiano il
bisogno di possesso: piazzare un articolo futile
e appariscente allentrata, fa scattare
nellindividuo la febbre dellavere, ma
anche lo stipendio di un dipendente finisce nelle
casse dellazienda per la quale lavora.
Nel freddo meccanismo del business, è
difficile intrecciare un rapporto profondo.
Ricordo che appena assunto, incontrai una
ragazza. Era sabato mattina e venne con la madre.
Sorrise nel salutarmi, e io notai le sue
fossette sulle guance. Era bella, con i capelli
lunghi e mossi, di colore castano che sfumava sul
biondo. Aveva gli occhi neri e vispi e vivi
la pelle chiara. Il suo sguardo mi rapiva.
Longilinea nel fisico asciutto e ben definito.
Era distinta, e non aveva laria di una che
ascoltava rock, ma faceva lo stesso. Letà
era intorno ai ventanni. Non la vidi per
settimane, ma mi rimase in mente.
Nel periodo in cui suonavo insieme ai Fanculo,
imparai a comprendere me stesso. Ora che sono
rispettabile, devo imparare a comprendere gli
altri. La nostra, è una società che ti consuma
dentro.
Scrissi un brano senza titolo, sono vite un
po anonime, sono tutte un po analoghe
...
I Fanculo erano un sogno, forse, ma un sogno
vero.
Il contatto con il pubblico è intrigante e
perverso. Cè una donna giovane, sposata ed
ha due figli. Fa la spesa di prima mattina. Entra
e saluta tutti. Si ferma davanti la specchiera
del reparto intimo donna, e si guarda, si
sistema, si slaccia il quarto bottone della
camicetta per mostrare le tette. Si scoccia
però, se la saluti quando viene con il marito.
Sono anni che gli vanno dietro. Dal Canto se
la vuol trombare perché il marito gli sta
antipatico, mentre il direttore è convinto la
giovane rubi trucchi e profumi. Lei fa
lamore con il marito - credo - e pesa la
carne già prezzata, alle bilance dellorto
frutta sotto la voce scarola. Io lho
vista e mi faccio gli affari miei. La chiamo signora
scarola. Lei ha capito che mai la tradirò, e
mi sorride maliziosa mostrandomi qualche
centimetro in più delle sue tette. Un giorno
forse la tromberò al posto di Dal Canto.
Accompagno con lo sguardo i clienti alla scala
mobile. Dalla vetrina, vedo un tizio passeggiare
con il cane, il dott. Scarola - dentista e marito
della signora Scarola - rientrare in studio, le
segretarie dellufficio assicurazioni uscire
dal bar gesticolando divertite. Gli affari vanno
a gonfie vele per lazienda trasporti del
Comune, perché i mezzi pubblici sono pieni.
Tutto trascorre regolare, fuori.
E ora di pausa e vagabondo per strada. I
colleghi tornano a casa per il pranzo, mentre io
entro al bar e fisso i calendari della Pirelli,
costatando che un anno è veramente composto di
dodici mesi. Donna Boccione, la nostra cliente
più odiosa, si lamenta col barista perché
lespresso che le ha servito è bollente.
Solidarizzo col poveruomo, conoscendo la
Boccione.
Le parole sono inutili come le mie azioni, ho
limpressione di far trascorrere il tempo.
Chi sostiene che un dipendente di supermarket sia
popolare nella zona in cui opera?
Nessuno mi riconosce. Tutti vanno di corsa
Allimprovviso, qualcosa mi rapisce.
E talmente veloce che non riesco a far
mente locale
ma sì, è lei, proprio lei:
la ragazza con le fossette sulle guance!
Sono le tre e si dirige con passo veloce alla
fermata dellautobus. Non riesco a seguire
il suo zigzagare tra le auto ferme al semaforo, e
quando decido di pedinarla, scatta il verde.
Potrei considerarlo un segno del destino, ma
decido di non abusarne perché se la ragazza sta
andando al lavoro, quello sarà il suo tragitto
abituale tutti i giorni.
Mi allontano e penso a lei. Belinda,
assomiglia a Belinda Carlisle, la cantante
californiana. Belinda dunque, laspetterò
domani.
Io la musica della Carlisle non la seguivo,
sia chiaro. Io seguo la Carlisle che è in lei,
in Belinda. Insomma, cosa posso dire?
Torno a lavorare. Entra la Gatta, anziché
Belinda. La compagna deve essere tornata dal
centro estetico, perché mi saluta senza muovere
le labbra, infatti, pronuncia solo C-I-O,
anziché un solare e aperto ciao. Conoscendola,
se sapesse che la chiamo compagna, mi farebbe
gambizzare dal suo ragazzo, il camerata Zanna. La
Gatta ripete sempre che non si sente collega di
un minorato come me. Lei è iscritta al Fronte ed
il suo cameratismo è al di sopra dogni
sospetto: per coerenza politica, sostiene di non
aver mai fumato uno spinello, a suo dire
residuato della sinistra.
- Residuato è lo spinello o la
sinistra?
Al mio interrogativo un giorno, mi si avventò
contro insieme con il Barone, sindacalista UIL,
che urlava:
- Noi siamo sempre quelli di Allora
Io credevo che Allora fosse un paese in
provincia di Avellino, il Barone è originario
della zona. E da anni che il collega ogni
mattina festeggia il decreto sulle trentacinque
ore settimanali, rinfacciando agli iscritti le
vecchie, le nuove, le future e le eventuali
vittorie, pretendendo i complimenti di ognuno.
Io, invece, bloccato in cassa, festeggio il
ritardo del cambio per il turno di pausa. La
pausa è lunica cosa buona di questo
lavoro.
Ho problemi alla vista perché la luce al neon
ha fuso la mia retina come una sottiletta. Uno
come me, inoltre, deve subire la misera selezione
musicale della filodiffusione. Ho tentato una
lotta sindacale per causa di questa problematica,
con scarsi risultati.
La Gatta è ancora al trucco. Esasperato, urlo
al microfono: - Una persona in cassa!
Il direttore mi rimprovera. - Si dice cassiera
per la cassa, segretaria per lufficio e
così via. Devo insegnarle tutto? - Scuote la
testa. - Cè sempre uno che non vuole
crescere. Coccia, cerchi di essere più positivo
Un cliente urta una bottiglia dolio. La
sostanza si spande sul pavimento. Facendo tesoro
dellinsegnamento del mio superiore,
riformulo lannuncio: - Un segaiolo con la
segatura al reparto olio!
Il direttore, dallufficio, mi mostra il
pollice. - Ora va bene, bravo. Positivo
La giornata termina. Vado al bar con Pomodoro.
Lui è rapito da un romanzo che sta leggendo. -
Il bar - esclama - come i letterati
dellottocento che sincontravano al
Café Chantant o al Moulin Rouge
Pomodoro immerso nelle nebbie del locale,
sorseggia con dubbio gusto un campari soda. Io mi
volto e scorgo il direttore che legge il Lord
Tribune. Alza lo sguardo e mi saluta. Rimango
interdetto, ma poi accetto la concussione.
Savvicina. - Coccia, lei malgrado abbia
superato trentanni, rimane agli estremi del
nostro ambiente. Perché?
- Sono estremo io - replico - o una società
che vuole labrogazione della legge trecento
per i diritti dei lavoratori e
Lui minterrompe. - Lei Coccia, sempre
lei!
Pomodoro mi trascina fuori. La temperatura è
rigida. Sciarpe e cappotti tirano dritti verso le
rispettive destinazioni. Pomodoro spensierato,
parla ad alta voce. - Odo augelli far festa, e la
gallina, tornata in su la via, che ripete il suo
verso
Urrrrr! Dopo un rutto di commento, mi
pone davanti alla mia mediocrità: - E lo
Jacopo Ortis. Conosci?
Arriviamo alle automobili e ci salutiamo. Ci
guardiamo seriosi dai nostri rispettivi abitacoli
e partiamo sgommando, come se questo conferisse
maggior credenziale.
Credenziali? Soddisfazioni? Lunica
soddisfazione è scrivere nel bagno del personale
ogni nefandezza possibile. Io e Pomodoro demmo il
via ad una gara di epiteti ed insulti senza
firma. Allentrata si rimane colpiti da una
mostra di schizzi e messaggi obliqui che ognuno
invia allaltro. In alto, al centro, con
pennello rosso, lomaggio al direttore: Benvenuti
a Cutazzopoli (allanagrafe Giovanni
Cutazza).
GERENTE FAI DA TE?
NO, CUTAZZA.
AHI, AHI, AHI
GERENTE SEGRETO CON LICENZA DUSCIRE!
( ma per uscire deve prima entrare).
Sul coperchio del water un adesivo con la
scritta ENTRATA, supporta un analogo segnale
collocato allinterno, con la scritta
USCITA.
Tutto il personale ci ha seguito, a
dimostrazione del livello di frustrazione
raggiunto da ognuno.
Terapia, attraverso un annuncio ebbe una
relazione con un camionista bergamasco. Il
direttore capì dove andare quando ci rompeva le
palle. La collega Saltalafune scoprì il perché
dagli anni settanta nessuno le scriveva più
messaggi osé. Terremoto si rese conto che dopo
aver usato il bagno era necessario tirare la
catena, mentre Dal Canto, seguendo le frecce
imparò a pisciare dentro la tazza.
Questo nostro libidinoso gioco, ha avuto il
suo fine stamattina. Il capo del personale,
infatti, ha dato mandato di togliere la porta e
non sostituirla. Pomodoro lultima volta, ha
esagerato.
DIRETTORE TORMENTATO.
ME SA QUASI CHE THA
FUSO,
QUELLA SEDIA CHE CHAI
SOTTO AR DERETANO, TANTO Più CHE ER TEMPO PASSA,
E Più TE CREDI
IMPAREGGIABILE SOVRANO.
SULLA PORTA, AR VESPASIANO,
MALLIETAVO COR PENNELLO E CREAVO IMMAGINI
DE SORTA,
FINCHé N GIORNO,
CASUARMENTE, HO DIPINTO N SOMARELLO.
ORA IO ME SONO CHIESTO,
PERCHé MAI Sè RISENTITO QUER
GRANDOMO DER GERENTE?
SARICCONTA CHE DA
SEMPRE, PE NATTORE O N GRAN SIGNORE,
RIMANERE IMMORTALATO è COMUNQUE UN
BELLONORE: VUOLE DIRE PUR CHE UN SEGNO
LHA LASCIATO.
QUESTO TU NUN LHAI
CAPITO, DIRETTORE TORMENTATO. cosicché, PURE SE
NUN SE DIREBBE, è DA TEMPO CHE CE PROVO
INUTIRMENTE:
SU DE TE, NUN ME Viè Più
DA SCRIVE GNENTE!
Osservo gli operai che caricano la porta sul
furgone e mi rode. Il capo del personale non ha
il senso dellumorismo. La nostra è una
società che non sa più ridere. Sono richiamato
in cassa.
Ho davanti lopulenta società dei
consumi. E' complicato schierarmi dalla parte dei
clienti, che odio, o dalla parte
dellazienda, che non amo.
Il supermercato è pieno, le file
interminabili. I carrelli sono occupati. Cedo la
mia sedia ad un anziano signore, il quale mi
offre la propria solidarietà.
- Sono stanco di stare in coda. Se le file
sono lunghe, la colpa è vostra: quando lavoravo
io
- Non cè la cassa veloce - mi chiede
una signora.
Il vecchio gli risponde. - Signora mia, i
cassieri veloci ci vorrebbero
- Avete solo sta maionese? - Lamenta
donna Boccione. - Guardi - faccio io - cè
anche laltra in basso.
- Ma questa è light
vuole insinuare
che sono grassa?
- Vada dal direttore, signora, si faccia
rispettare - conclude il vecchio accanto a me.
Un altro, al momento di pagare mi porge la
carta didentità. - Oggi è il mio
compleanno!
- Auguri - dico io.
- Non faccia lo spiritoso. Oggi è il mio
compleanno ed ho diritto allo sconto!
- Che cosa?
- Guardi che lo ha detto la televisione. Lo
chieda al suo direttore. Si informi.
Il vecchio seduto, ridacchia. - La verità, è
che non capite più in cazzo!
Arriva il turno della signora Scarola. -
Osservi il mio carrello - dice mentre si scopre
le tette. - E così pieno! Ero venuta solo
per prendere lo sfilatino. Secondo me è la
pubblicità che ci frega. Oppure siete voi che
piazzate la merce in quel certo modo. E
incedibile: non dovevo prendere niente ... ma non
potevo rinunciare al Mastrovaldo per piatti alla
banana, o alla patata surgelata col prezzemolo.
Mio marito quando ha visto la pubblicità, gli è
venuta lacquolina. E per il mio piccino?
Non potevo lasciare lo yogurt tedesco con la
novità della vaschetta di mousse! Ma dovè
lo sfilatino? Vuoi vedere che ho dimenticato
proprio quello di cui avevo bisogno? - Mi fissa
negli occhi con voce sensuale. - Non è per caso,
che lei, gentilmente, mi porterebbe lo sfilatino
mentre io dispongo la merce sulla cassa?
Rimango a guardarle le tette. Balbetto, e poi
corro al banco del pane.
La verità è che ormai io sono integrato nel
sistema che mi divertivo a dileggiare.
Sono nato in un centro commerciale, con la
convinzione che Babbo Natale abitasse un
supermercato!
Piani rialzati e scale mobili, sotterranei e
parcheggi, annunci pubblicitari e una voce
sensuale.
Avvisiamo la gentile clientela che
questesercizio rimarrà aperto anche la
domenica con orario non stop. Tornate a
visitarci.
Canzoni di facile ascolto conciliano con gli
acquisti. Al piano terra un uomo indossa una
tunica rossa e regala buoni sconto. Da una
fontana di polistirolo zampillano fiocchi di
zucchero filato, e subito dopo si trova un camino
finto, acceso per davvero.
Dietro i saluti spacciati per educazione, i
cenni di benvenuto, i cartelli di Buon Natale e
Santa Pasqua, cè uno studio e una scienza,
una scuola accademica e una compagnia teatrale:
niente è lasciato al caso. La sensazione che sia
vera festa, è impacchettata con i fiocchi
fosforescenti e la carta da regalo.
Dietro i sorrisi ed i gesti gentili, per me,
per quelli come me, è solo il sollievo per il
posto occupato.
I ragazzi allineano le proprie pose a quelle
dei modelli sui manifesti e lasciano epitaffi
ovunque, quasi a rivendicare unesistenza
anonima.
Chicco ama Lella.
Lella & Chicco.
Chicco è presente.
Chicco regna.
Chicco è passato di qua.
Donna Boccione, madre di Chicco, parcheggiato
il carrello sedici valvole, intrattiene
unamica; sembra irritata dai clochard.
- La miseria rappresenta una stonatura alla
civiltà industrializzata, e va combattuta alla
radice. Bisogna cacciarli via! E poi, credono
forse di farmi sentire in colpa con le loro facce
da morti di fame?
- Hai ragione Maria - fa laltra. - E il
personale? E troppo lento, troppo
maleducato. Io non dovrei fare neanche la fila,
con tutti i soldi che spendo. Non è che ci sia
poi, tutta questa convenienza, ma dopotutto,
potrei fare a meno degli sconti, perché se
limporto è eccessivo sta ad indicare un
discreto tenore di vita. O no?
Rimango imbottigliato nellennesima
discussione sugli extracomunitari. Abdullà
spende ventiquattromilasettecento venti lire. Paga
in moneta spiccia. Devo contare e la fila si
blocca. Donna Boccione inizia il suo soliloquio.
- Ecco. Lo sapevo io. Ci si mette anche lei,
adesso? A noi italiani voi cassieri le monete non
le contate mai. -Quindi si volta verso gli altri
clienti a cercare conforto. - Io pago con carta
di credito e il bancomat qui è sempre guasto. Ce
lavete con me che vi porto un sacco di
soldi? Invece di ringraziarci, che noi gli
facciamo fare la vita da signori a questi
quei razzisti della lega nord, li avrebbero già
cacciati a pedate!
- Ma signora, io
- Stia zitto! Come si permette di offendermi?
Ce ne sta tanta di gente che ha bisogno di
lavorare, mentre voi che lavorate fate solo gli
scioperi. Io vi caccerei via tutti! Acc
se
cera mio marito! Lui sì che si fa un culo
così dalla mattina alla sera
Riprende fiato. - E lei gli conta pure le
monete a questi? Ma lo sa, caro lei, che la
figlia di unamica mia, a furia di
frequentare questi tipi strani, è diventata pure
vegetale?
- Vegetale?
- Vegetale. Insomma
non mangia più
la carne.
Alle casse i nostri contegni sono vuoti,
uguali a quelli dei clienti. Distinguere un viso
è impossibile. I clienti sembrano persone -
sandwich, firmate da cima a piedi. Le griffe ne
penetrano limmaginario fino a strozzarli.
Pensandoci bene, anche io suonavo una chitarra
firmata: e allora? Boh?! Era così per dire
Ogni giorno mille signore Boccione entrano e
ti assaltano: una davanti, laltra alle
spalle, altre due ancora ai lati. Tutto questo
mentre stai dando il resto al quinto cliente.
Sarrabbiano se non gli dedichi attenzione,
e chiedono perché non siamo come indicano gli
opuscoli spediti loro dallazienda:
operativi, solleciti e scattanti. Perché
rispondiamo quando ci criticano e perché non
replichiamo quando cinsultano. Forse li
sottovalutiamo?
Alcune persone non sanno cosa comprare, altre
sono indecise. Dagli altoparlanti lo spot della
Gandolfi sulle alici marinate: ora so cosa
comprare - dice una voce persuasiva, ma se il
prodotto è terminato, cè chi chiede il
numero verde dellazienda e mentre gli
indichi il cartello, ti rispondono che deve
leggermelo lei. E pagato anche per questo.
Il cliente ha sempre ragione.
Minacciano che faranno il tuo nome al
direttore se continuerai a guardarli storto, ma
la direzione non è tenuta ad indicare la nostra
identità alla clientela. Noi non abbiamo più
unidentità, questo è lunico
vantaggio.
A tale proposito io sarei Coccia Leopoldo,
anni trentatré, numero di cartellino trentatré,
meglio conosciuto dai colleghi come Zabaione.
Lautore di questo vezzeggiativo è il
collega Puzzone, avvilito e complessato dal
proprio nomignolo coniato per lui dal
sottoscritto. Inutile specificare le ragioni che
mi spinsero a battezzarlo in quel modo. Puzzone
è un tipo che crede dessere divertente,
non conoscendo qual è il confine tra simpatia e
invadenza.
Anni prima, finito il turno, mi recavo a casa.
Puzzone percorreva il medesimo tragitto e
facevamo il viaggio insieme. Salii sul bus ed
incontrai Samanta, una vecchia compagna di
scuola. Samanta sera sposata. Parlavamo
delle rispettive situazioni, quando lei mi chiese
di Arianna.
-
e dimmi, comè andata con
Arianna?
- Male. Ci vedevamo di rado, non si vive
di solo pane.
- Come ti capisco. Non lo dire a me
Samanta sarebbe scesa alla fermata successiva,
ma il suo eloquio era straripante, come se alzare
la voce gli conferisse brillantezza.
- Quando ero fidanzata, mio marito era
molto più appassionato. Adesso, invece
Lautobus si fermò. Samanta sulla porta,
urlò a squarciagola verso di me. - Ti pare
giusto che io a venticinque anni, devo scopare
solo una volta la settimana? Ciao, io scendo qua.
Lei scese. Io rimasi. Puzzone era poco
distante, e con suo disappunto non riusciva ad
ascoltare la conversazione, ma come tutti i
passeggeri aveva udito bene lultima
battuta. La gente mi fissava sghignazzando. Uno
aveva le lacrime agli occhi. Scesi alla fermata
successiva per la vergogna, con Puzzone che mi
urlava soddisfatto falla felice la tua
ragazza. Lo vuoi uno zabaione?
Lindomani, i colleghi rimasero impalati
davanti a me e comunicarono che da oggi in
poi, sarai Zabaione.
Era la gogna. Puzzone ebbe finalmente la sua
vendetta.
I miei colleghi sembrano andare damore e
daccordo, fin quando un soffio di vento li
scaglierà luno contro laltro.
Lambiente ricorda un presepio. Le viuzze
sono animate da artigiani che perfezionano i
lavori, in un risuonare dincudini e
martelli. Venditori di nulla adescano il cliente
mostrando stoffe pregiate e signorotti
rispettabili simulano deferenza al gerente, a
dimostrazione delloperosità
dellesercizio da lui magistralmente
diretto.
Il mito della roba in questo presepe pagano,
trova la sua massima espressione. Noi stessi
siamo roba, merce, articoli, numeri.
E una visione occulta, quella aziendale,
basata sulla competizione tra reparti, tra il
personale, come le corse dei cani e dei cavalli.
Di là dei manifesti appesi sullarmonia tra
il personale e la direzione, è fondamentale
domare le bestie. I cavalli selvaggi corrono in
piccole riserve e non sono abbattuti: servono da
esempio da mostrare, affinché il resto del
personale non li imiti. Il direttore, quando apre
la loro stalla, fa annusarne solo le puzze.
Un cavallo selvaggio, invece, corre
orgoglioso, senza sella, e non si lascia domare:
preferisce morire lontano.
Vacca preferisce morire in sala pausa,
piuttosto che lontano, e non intende rinunciare
alla riduzione dorario sbandierata dal
Barone. I suoi dubbi appaiono lontani
dallessere fugati, anche dopo mezzora
di confronto con Terapia ed il Barone appunto, i
delegati CGIL e UIL.
-
io ancora non ho capito bene -
chiede Vacca - ma trentacinque ore, al mese?
Terapia ripercorre tutta lanalisi
marxiana della società capitalista. - I rapporti
tra le persone sono mediati attraverso le merci,
quindi, non autentici
Il Barone gli fa eco. - Sì. Sì. E
così Vacca. Capisci?
Vacca è perplesso e ricomincia. - Insomma,
allora vorresti farmi credere che questo Carlo
Marx si occupava anche di politica? Io lo
preferivo pasticcere, perché quella cioccolata
con lo strato di caramella al mou mi faceva
impazzire!
Silenzio imbarazzante. Il Barone riprende. -
OK Vacca, come vuoi tu. Però, te la fai la
tessera sì o no?
- No. Così non vale - sintromette
Terapia - Il tuo è un gioco sporco, Barone.
Per tesserare cero prima io.
Cominciano a litigare tra loro mentre Vacca se
ne esce. Un dubbio: Vacca ci fa o ci è?
Il direttore mi sorprende mentre rifletto
sulla questione. - Zabaione, lei sta sempre senza
fare niente. Cerchi di essere positivo
Colto in fragrante, faccio la vittima. - Come
si permette di chiamarmi Zabaione? Non sono mica
suo fratello?
- Appunto. Vogliamo andare a lavorare sì
o no?
- No.
- Ed io le faccio una contestazione.
- Allora sì.
- Bene Coccia. Vada.
Sto andando in cassa e vedo Gigliola, il
vigilante, che acciuffa Nico il tossico, fuggito
dal reparto libreria. Nico ha le saccocce piene
di libri, tra cui una biografia del maresciallo
Badoglio.
- Sai leggere? - Gli fa sarcastico la
guardia.
- Io non ho fatto niente - risponde Nico.
- Sul cartello cera scritto tascabili
Nella confusione, approfitto per un giretto.
Al reparto intimo donna una signora è ferma con
la figlia davanti allo specchio. La ragazza si
guarda, si gira su se stessa alla maniera delle
modelle. La madre la sta a guardare con aria
soddisfatta.
Rimango a vederle, non sono niente male. Il
direttore, mi avvicina per lennesimo
cicchetto, ma si blocca anche lui, comprensivo.
La signora saccorge e sinasprisce. -
Cosa avete da guardare, deviati inservienti
I due inservienti diventano uno, quando la
signora riconosce nellaltro il direttore.
Lambiente allapertura è ordinato
e pulito, gli scaffali in ordine, e le offerte
fuori banco sembrano tasselli di un intarsio: le
pile darticoli a legare tra loro con la
base di quattro pacchi posti orizzontalmente,
sotto altri quattro pacchi verticali e così via.
La frutteria è un orticello rigoglioso e la
salumeria è una cantina di campagna. I profumi
del pane appena caldo di forno si spandono per i
corridoi.
Alla fine della giornata il chiasso
dellora di punta non sparisce, si sposta
dentro la tua testa. Dallesterno avverti i
clacson delle macchine al semaforo, mentre dentro
sembra un paese demolito dal terremoto. I
cartelli delle offerte sono scambiati e le pile
in disordine. Il fuori banco è stato assalito e
bombardato. Una bottiglia di passata rustica è
disintegrata sul pavimento, unaltra
dolio più in là. Carte e depliant sono in
terra, confezioni di carne e prodotti deperibili
sono abbandonate sugli scaffali dei detersivi.
Alluscita ci sono delle buste piene che
qualcuno non ha avuto il tempo di nascondere. Le
casse risuonano col tipico ritmo computerizzato
dei nostri conti di fine giornata.
E paradossale questo mestiere: creare
unesposizione magnifica e che attiri le
attenzioni del pubblico, sapendo che il successo
sarà determinato dalla sua deturpazione. Tutto
il contrario della musica.
E sabato, sono sullautobus per
recarmi al lavoro. Il sabato di solito, arrivano
i volontari della Caritas per la raccolta di
scatolame, tipo tonno, legumi ed articoli di quel
genere, da destinare a profughi o popolazioni del
terzo mondo.
I ragazzi dispongono i propri tavoli
allentrata, per ritirare le buste dei
clienti che vogliono partecipare.
Una confezione rovinata per noi del settore è
merce da rendere al fornitore, persino un
articolo cui si stacca letichetta. Quella
roba torna al deposito, è merce non vendibile
né acquistabile, né, ovviamente, offribile.
Al supermercato si vendono anche prodotti
dagricoltura biologica. Vacca racconta ai
clienti che le patate al selene sono patate già
spezziate.
La gente è sospettosa. - Guardi questo pollo:
non le sembra un po troppo gonfio?
- Signora, quella è una faraona.
- Davvero? Non sapevo che importassimo
carne dallEgitto.
Laltro giorno mi è tornato in mente mio
nonno. Lui mi parlava degli anni della guerra,
della miseria, del paese suo, che la miseria è
assegno circolare, uguale dappertutto.
Cè un conflitto, adesso, da qualche
parte nel mondo. Lo dice la televisione.
Partecipa anche lOccidente.
Il supermercato si riempie di persone
suggestionate, anziani che fanno incetta
dogni genere darticoli, zucchero,
pasta, farina. Sono pazienti in fila, e nessuno
si lamenta. La filodiffusione è spenta, per mio
sollievo.
Lo scaffale del caffè è vuoto. Ne rimangono
granelli depositati da confezioni aperte. Un
vecchio si avvicina lento. Si ferma, guarda
intorno e con un pennellino lascia cadere un
misto di polvere e caffè nella bustina vuota.
E lanziano signor Alfredo Toffolo.
Sembra uscito da Sciuscià o Ladri di biciclette,
ma lui non ha la bici e le sue scarpe sono
scrostate, i lacci rappezzati. Si passa una mano
tra i capelli bianchi, tenuti buoni da un filo
dacqua.
Scende al supermercato con lo spirito di un
ragazzo e prova a circuire discreto la solita
signorina di mezza età, accompagnandola e
reggendole le buste. Si fanno compagnia.
A volte mi regala le sue poesie. - Devi
leggere sempre - mi dice.
"Prati verdi dove crescono papaveri
rossi.
E là che vorrei dormire, stanco.
Senza targhe e senza marmo".
- Conserva le mie poesie, ed ogni volta vedrai
un papavero rosso, chiamalo Alfredo.
Fa locchietto con i suoi beffardi, ed
esce dal reparto cioccolatini. Pare che abbia
preparato il piano per la rapina del secolo, ma
cerca solo unemozione. Quei dolciumi sono
per i nipoti.
Finge di trovarsi lì per caso, quando vado a
gettare gli scarti del reparto orto frutta.
Alfredo tiene una busta accartocciata nella tasca
dellimpermeabile.