in situazioni critiche per la sicurezza nazionale. Pechino sta realizzando un potenziamento del proprio arsenale nucleare e missilistico (già qualche anno fa dichiarò di essere in grado di costruire la bomba al neutrone). Per non parlare poi di India e Pakistan, costantemente sull’orlo di un conflitto che potrebbe diventare nucleare: altro che il pericolo costituito dall’Iraq! Secondo il saggio citato in nota 2, documenti ufficiali dell’ONU stabiliscono che sono 44 i paesi che di fatto dispongono di capacità nucleare.

Siamo seduti su una polveriera nucleare, oltre che di armi chimiche e biologiche difficilmente localizzabili, e sembra che siamo destinati a rimpiangere l’”equilibrio del terrore” di infausta memoria!

Questa situazione si aggrava purtroppo ogni giorno di più a causa di continue decisioni unilaterali e provocatorie di Washington, che ormai sembra avere scelto la guerra come strumento per sostenere la propria economia, compattare l’opinione pubblica e le scelte politiche interne, imporre il proprio dominio assoluto e i propri interessi in ogni parte del pianeta, e controllare le aree strategiche delle scarseggianti materie prime[1] ed i corridoi di comunicazione. La nuova strategia offensiva annulla così le fondamenta del Diritto Internazionale, che era alla base della Carta delle Nazioni Unite, e si proponeva di rendere impossibile per sempre il ripetersi degli efferati orrori della seconda guerra mondiale, assumendo tra l’altro il principio del ripudio della guerra come strumento per risolvere le controversie e l’interdizione di interventi miltari unilaterali di singoli stati. Mentre infatti accentuano i tentativi per sottrarre i militari americani in ogni parte del mondo alla giurisdizione della recentemente costituita Corte Penale Internazionale per eventuali accuse di crimini di guerra, gli Stati Uniti vogliono a tutti i costi sferrare l’attacco (anche nucleare?) all’Iraq con il pretesto della minaccia delle armi di distruzione di massa, che invece viene in primo luogo proprio da loro, in termini espliciti. E con la National Security Strategy of the United States, reso nota recentemente[2], la Casa Bianca si arroga il diritto di intervenire militare, “colpendo per primi” per “autodifesa”, contro qualunque paese accusato, a proprio insindacabile giudizio, di “violare la legge internazionale” o di detenere la minaccia di armi di distruzione di massa, il cui possesso (ed uso) da parte propria o dei propri alleati é invece ovviamente presupposto come legittimo!

 

Armi nucleari nuove

Da vari anni gli Stati Uniti hanno lanciato la più massiccia corsa agli armamenti della loro storia: impressiona non solo la cifra da capogiro del bilancio militare, ma anche la sua vertiginosa progressione, dai 250 mld $ (miliardi di dollari) del 1999, agli attuali 379 mld $ (il 40 % della spesa militare di tutto il pianeta, più della spesa combinata delle 14 successive potenze militari; poco meno del Pil dell’India, quasi metà del Pil del Brasile, quasi un terzo del Pil dell’Italia! Il bilancio militare dell’intera UE é di circa 140 mld $). Per l’anno fiscale 2003 (che inizia il 1° ottobre 2002) il Pentagono chiede un aumento di ben 45 mld $! Forse é lecito chiedersi su quale bilancio andranno i 100÷200 mld $ del costo previsto per la guerra all’Iraq. Forse in un aumento del Pil per i “beni” prodotti? Questo scatena un aumento generalizzato delle spese militari in tutti i paesi (Chirac ha aumentato del 6% il bilancio militare francese, ed ha proposto che le spese militari non rientrino nel Patto di Stabilità della UE).

In questo astronomico bilancio aumentano le spese per nuove armi. In particolare Washington sta compiendo uno sforzo senza precedenti per realizzare testate nucleari di nuova concezione. Gli ultimi e contestati test nucleari eseguiti nel 1995 da


[1] Contrariamente a quanto é stato sostenuto nei decenni passati, sembra oggi assodato che il ritmo di estrazione tanto del petrolio quanto del gas naturale raggiungerà il picco assoluto nel corso del presente decennio, dopodiché incomincerà irrimediabilmente a declinare: mentre la domanda mondiale continua a crescere. Si profila un’epoca di scarsità delle risorse, aggravata dalle crisi ambientali: questo aummenta enormemente i rischi di guerra, per l’accaparramento delle risorse e il controllo diretto delle aree strategiche (si veda ad esempio: A. Di Fazio, “Le grandi crisi ambientali globali: un sistema in agonia, il rischio di guerra”, in AA. VV., Contro le Nuove Guerre, a cura di M. Zucchetti, Odradek, 2000; o siti Internet come: www.petroconsultants.com/iwatch/index.html; www.iea.org/g8/world/oilsup.htm; www.dieoff.com). É necessario sottolineare che il declino del ritmo di estrazione dei combustibili fossili non é dovuto all’esaurimento dei depositi: ben prima che un pozzo si esaurisca l’energia necessaria per estrarre il petrolio supera il suo contenuto energetico, per cui non é più possibile qualsiasi sia il costo di estrazione.

[2] V. ad esempio: Il Manifesto, 21.09.2002, p. 7.