conseguenza anche la Germania e il Giappone stanno ostacolando le verifiche. Difficilmente sarà rispettata la data del 2012 stabilita per l’eliminazione delle armi chimiche: gli USA hanno distrutto un quarto (7.000 tonnellate) del loro arsenale, mentre la Russia avrebbe bisogno di ben 5 mld $ per distruggere il suo arsenale[1] (40.000 tonnellate). Sembra probabile che gli USA abbiano fatto uso almeno di aggressivi allucinogeni nella Guerra del Golfo[2]. Nell’aprile scorso poi l’amministrazione Bush ha brutalmente preteso il licenziamento del diplomatico brasiliano Bustani da Direttore Generale dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche, per le sue iniziative non concordate con Washington, tra le quali i suoi sforzi per persuadere l’Iraq ad aderire all’organizzazione: il 26 luglio è avvenuta la nomina del diplomatico argentino Pfirter.

Ancora più grave la situazione per la Convenzione sulle Armi Biologiche del 1972: sebbene sia stata ratificata da 143 stati (comprese tutte le principali potenze militari), non contiene nessun meccanismo per le verifiche. L’anno scorso Washington, con la solita arroganza, ha bocciato l’accordo faticosamente raggiunto a Ginevra per un protocollo per le ispezioni, poiché “metterebbe a rischio la sicurezza nazionale e informazioni confidenziali”, cioè gli affari delle industrie biotecnologiche[3]. Recentemente è stata rivelata l’esistenza nel deserto del Nevada di un laboratorio in cui - in violazione della Convenzione del 1972 – si producono agenti biologici letali, usando l’ingegneria genetica, sotto il pretesto di effettuare simulazioni per ridurne la minaccia: di fatto si tratta di un programma segreto di ricerca sulle armi biologiche[4]. Del resto la vicenda delle lettere all’antrace porta ad una pista americana!

Ma il problema degli strumenti di distruzione di massa diviene sempre più complesso, perché i nuovo metodi di guerra configurano nuove tipologie, come dimostrano i bombardamenti degli impianti chimici di Pancevo e di Novi Sad nella guerra dei Balcani. Per non parlare dell’Uranio Impoverito, mentre le bombe a grappolo hanno provocato dopo la sospensione dei bombardamenti un numero consistente di vittime.

 

Armi convenzionali ad alta tecnologia basate nello spazio

A complicare ulteriormente questo scenario interviene il ruolo crescente e l’effetto sempre più destabilizzante che assumono le armi convenzionali ad alta tecnologia e precisione, che gli USA sviluppano freneticamente. Gli altri paesi si sentono tagliati fuori dalla competizione in questo campo e vedono aumentare temibilmente la supremazia incontrastata degli USA[5].

Queste preoccupazioni sono ingigantite da un altro aspetto della paranoia americana: gli USA pensano infatti che la loro supremazia nello spazio stia declinando e che questo metta a rischio la propria sicurezza. Le proposte strategiche per il futuro (Joint Vision 2010, Spacecom 2020) vagheggiano di riconquistare l'egemonia nello spazio, a loro dire compromessa, con un "dominio a tutto campo" del campo di battaglia, basato su un sistema digitale composto di satelliti di spionaggio, allarme e comando-controllo, difese missilistiche, piattaforme spaziali dotate di armi ad alta tecnologia e precisione, in modo da poter colpire qualsiasi punto del pianeta in pochi minuti (contro i 20¸30 impiegati dai missili balistici). Washington sta studiando un “bombardiere spaziale”, cioè un “veicolo sub-orbitale” lanciato da un aereo, a velocità 15 volte superiore a quella degli attuali bombardieri, capace di distruggere da un’altezza di 60 miglia bersagli dall’altra parte del pianeta in 30 minuti[6]: si tratterebbe di una ulteriore escalation, un nuovo genere di guerra stratosferica! Nei prossimi conflitti è previsto l’uso massiccio di arerei e altri veicoli senza pilota (unmanned), sperimentati con successo nei Balcani.

Questa paranoia alimenta una spirale inarrestabile. Le nuove armi convenzionali compromettono qualsiasi stabilità strategica: la sola scelta che rimane agli altri paesi è cercare di riequilibrare la situazione puntando su armi di distruzione di massa a tecnologia meno avanzata, potenziando il deterrente nucleare, prevedendo la possibilità del ricorso a qualsiasi mezzo militare, dalle armi chimiche e batteriologiche, alla guerra ecologica, alla guerriglia e al terrorismo.



[1]Christian Science Monitor, 06.04.2001; Sergei Ishchenko, Trud, Russia, 21.06.2001 (CDI Russia Weekly, n. 159, 22.06.2001).

[2] Lo ha sostenuto Wouter Basson, l’eminenza grigia che stava dietro il programma di guerra chimica del governo dell’apartheid sudafricano, in una testimonianza all’Alta Corte di Pretoria sulla distruzione di questo arsenale, sostenendo che i filmati sulla resa delle truppe irachene mostravano chiaramente nell’espressione dei soldati gli effetti di tali aggressivi (India Times, 28.07.01: http://timesofindia.indiatimes.com/articleshow.asp?art_id=67147283). Già dopo la fine della guerra vennero portati altri indizi dell’uso di aggressivi chimici.

[3] V. ad esempio: Richard Beeston, The Times, 23.07.2001.

[4] New York Times, 04.09.01 (www.nytimes.com/2001/09/04/international/04GERM.htm?ex=10); New York Times, 04.09.01 (www.nytimes.com/2001/09/04/international/04BIOW.htm?pagewa); Manlio Dinucci, il manifesto, 06.09.01.

[5] Significativa, a questo proposito, un'altra polemica sollevata timidamente dalla Germania, questa volta sulle "black-boxes" imposte dagli USA alle armi che essi vendono: cioè le protezioni imposte per prevenire l'accesso degli acquirenti a tecnologie segrete. Naturalmente gli USA hanno risposto picche (Defense News, 22.11.1999, pp. 3-28).

[6] Ed Vulliamy, New York Sunday, 29.07.01.